'Paranoid Sisters', un mistery in chiave letteraria

Nel vasto panorama dei drama trasmessi dalle emittenti televisive giapponesi, a volte i picchi di originalità e sperimentazione si trovano negli slot orari più impensati. La serie Moso Shimai – Bungaku to iu na no moto ni (妄想姉妹〜文學という名のもとに Sorelle paranoiche – Alla radice del nome 'letteratura') è stata trasmessa da NTV (Nihon Terebi) tra il gennaio e il marzo del 2009 il sabato notte in dieci puntate di 30 minuti l'una, più un finale della durata di un'ora.

Lo staff è in buona parte composto da donne: Miura Uiko, la sceneggiatrice, è infatti affiancata da ben quattro diverse registe. Il genere è difficilmente identificabile e mai univoco. Moso Shimai potrebbe definirsi un mistery in chiave metaletteraria. Alcuni livelli aggiunti sono lo human drama, il jidaigeki e un leggero erotismo.

Le sorelle Ichikawa vivono nella casa che il padre, Sōtarō, famoso scrittore, ha lasciato loro dopo il suo misterioso suicidio. Un giorno alle tre donne viene recapitata una vecchia lettera dell’uomo, il quale chiede loro di leggere undici testi (racconti o raccolte di poesie) attraverso i quali svelerà loro un segreto sulla famiglia. È l'ultimo manoscritto inedito di Sōtarō a rivelare loro la verità e a fungere da testamento spirituale.

Ogni puntata è incentrata su un testo letterario. Ogni racconto o testo poetico, mentre viene letto dalle tre sorelle riunite nello studio dello scrittore, viene trasposto per gli spettatori in una interpretazione televisiva molto curata nei particolari della ricostruzione storica dei periodi Meiji (1868-1912), Taishō (1912-1926) e Shōwa (1927-1945), in un'ottica seducente e con scene più o meno velatamente erotiche.

Ogni testo ha come protagonista una donna, che viene associata di puntata in puntata a una delle tre sorelle Ichikawa. È interessante il “prestito di volto”, ovvero la scelta di far interpretare i ruoli delle donne della letteratura alle stesse attrici che recitano nei ruoli delle sorelle Ichikawa nella cornice principale. Questo stratagemma è particolarmente evidente nei primi tre testi, che descrivono infatti uno a uno la personalità e le caratteristiche delle tre sorelle attraverso le metafore offerte della letteratura. Ciò è dovuto anche alla scelta di dare alle sorelle Ichikawa gli stessi nomi (anche nei kanji utilizzati) dei personaggi letterari di questi primi tre testi.

Se infatti Midaregami di Yosano Akiko parla della sensualità e della passione represse nella responsabile sorella maggiore Akiko, Gubijinsō di Natsume Sōseki racconta invece il carattere più capriccioso e insofferente della seconda figlia, Fujio. Kaze tachinu di Hori Tatsuo è incentrato invece sulla debole e innocente Setsuko, ritratto letterario della terza e omonima sorella.
Anche nelle puntate successive i volti delle tre sorelle vengono prestati a quelli delle protagoniste delle storie. Generalmente, al volto di Akiko vengono legati personaggi dalla forte sensualità, a quello di Fujio donne sfortunate e umiliate, a Setsuko donne giovani o immature, a volte menomate nel fisico o nella mente.

Il messaggio di Sōtarō si fa via via di tipo più esistenziale e criptico: in particolare si concentra sulla descrizione della sofferenza per la morte dell'amata (Gekashitsu di Izumi Kyōka) o per la sua malattia (Chieko shō di Takamura Kōtarō), e sull'influenza della passione sul comportamento umano (Hakuchi di Sakaguchi Ango). Vengono rappresentate anche la lussuria e il desiderio di libertà (Osei Tōjō di Edogawa Ranpo), la speranza nel futuro (Joseito di Dazai Osamu), l'illusione di un amore che dura per sempre dopo la morte (Nigorie di Higuchi Ichiyō). La decima storia, Yabu no naka di Akutagawa Ryūnosuke, rappresenta invece la pluralità dei punti di vista nel comprendere e raccontare la realtà. A sottolinearlo, tutte le tre sorelle prestano il loro volto nella rappresentazione del famoso racconto.

Cercando nella libreria l'undicesimo libro, Binzume jigoku di Yumeno Kyūsaku, le sorelle trovano invece la chiave per scovare l'ultimo manoscritto nascosto di Sōtarō, Hakujo (letteralmente: “La donna bianca”), che racconta la storia d'amore tra lui e la madre delle tre sorelle, Ayako.

Inizialmente lo scrittore descrive la storia parlando di tre personalità diverse, e la regia accompagna questa ambiguità letteraria mostrando al pubblico, nel racconto fatto immagini, prima una donna uguale ad Akiko, poi una uguale a Fujio e infine una uguale a Setsuko. Lo spettatore è quindi portato a pensare che Sōtarō abbia avuto tre amanti, ognuna delle quali ha impresso il suo aspetto e la sua personalità sulla figlia corrispondente.

Solo alla fine lo scrittore rivela che in realtà vi è stata un'unica donna, che nelle varie fasi della storia d'amore con lui ha mostrato lati molto diversi della sua persona. Da questo punto in poi, allo spettatore vengono mostrate di nuovo le scene precedenti, ma, al posto dei volti-metafora delle tre protagoniste, compare quello reale di una sola donna, Ayako.

Ayako e la sua storia sono ciò che Sōtarō ha rivisto in opere letterarie di generi, periodi e autori completamente diversi, a sottolineare la ricchezza del mondo letterario come specchio della vita reale – è questo infatti il suo testamento spirituale.

La letteratura in questo drama è utilizzata sia come veicolo di comunicazione universale, sia come strumento particolare e personale di comunicazione tra testo e lettore, ma anche tra lettori diversi che condividono una lettura. Questa idea è arricchita dalla pluralità dei punti di vista, che rende possibile analizzare uno stesso testo attraverso il filtro della propria individualità.
Non è di poco conto la scelta dei testi e degli autori. Da un certa prospettiva, si potrebbe pensare che siano stati scelti gli autori più noti al pubblico giapponese contemporaneo, i più rappresentativi dei periodi storici di riferimento. Tra gli autori sono presenti ovviamente i celebri Natsume Sōseki e Izumi Kyōka, ma anche gli outsider come Akutagawa Ryūnosuke, Dazai Osamu e Sakaguchi Ango. Solo due su undici sono autrici donne, ma sono nomi estremamente importanti: Higuchi Ichiyō è una delle personalità più importanti del periodo Meiji e Yosano Akiko è una voce imprescindibile della poesia giapponese di inizio secolo. Anche i generi sono molto vari: ci sono storie d'amore come Kaze Tachinu e diari come Joseito, poesie come quelle di Chieko shō e racconti noir come Osei tōjō. Il tutto crea un panorama vario e assortito da cui trarre sicuramente ottimi spunti di lettura.

 

Tutti i testi citati nel drama sono disponibili in lingua originale su Aozora Bunko.
Lista dei titoli dei racconti con eventuali traduzioni:

 

- Yosano Akiko 与謝野晶子, Midaregami みだれ髪(1901)

- Yosano Akiko, “Midaregami”, in Il Muschio e la Rugiada, Fabbri Editori, Milano 1997 (antologia di poesia giapponese)

- Natsume Sōseki 夏目漱石, Gubijinsō 虞美人草 (1907)

- Hori Tatsuo 堀辰雄, Kaze Tachinu 風立ちぬ (1938)

- Izumi Kyōka 泉鏡花, Gekashitsu 外科室 (1895)

- “The Surgery Room” in Izumi Kyōka , Three tales of mystery and imagination: Japanese Gothic by Izumi Kyōka = Gekashitsu, Shunchū, Baishoku kamonanban, 1992

- Takamura Kōtarō 高村光太郎, Chiekoshō 智恵子抄 (1947)

- Takamura Kōtarō, The Chieko Poems, Green Integer, 2008

- Sakaguchi Ango 坂口安吾, Hakuchi 白痴 (1946)

- Sakaguchi Ango, “The Idiot”, in Modern Japanese Stories, ed. by Ivan Morris. Rutland and Tokyo: Charles E. Tuttle Company, 1962

- Edogawa Ranpo 江戸川乱歩, Osei Tōjō お勢登場 (1926)

- Edogawa Ranpo, “The Appereance of Osei”, in The Edogawa Rampo Reader, Kurodahan Press, Fukuoka 2008

- Dazai Osamu 太宰治, Joseito 女性徒 (1939)

- Osamu Dazai, Joseito: la studentessa, Pagus Edizioni, Treviso 1991

- Higuchi Ichiyō 樋口一葉, Nigorie にごりえ (1895)

- Higuchi Ichiyō, Due racconti, Vecchiarelli Editore, Manziana 2013

- Akutagawa Ryūnosuke 芥川龍之介, Yabu no naka 薮の中 (1922)

- Akutagawa Ryūnosuke, “Nel bosco”, in Rashōmon e altri racconti (2002), Tea

- Yumeno Kyūsaku 夢野久作, Binzume jigoku 瓶詰地獄 (1928)

- Yumeno Kyūsaku, "Hell in a Bottle" in Three-Dimensional Reading: Stories of Time and Space in Japanese Modernist Fiction, 1911-1932, University of Hawaii Press, 2013



 

 

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