NipPop Book Club – L’isola dei senza memoria: cosa siamo senza i nostri ricordi?


Mercoledì 13 gennaio, i nostri appassionati di letteratura al femminile si sono riuniti in diretta streaming sulla piattaforma Zoom per il terzo appuntamento del NipPop Book Club di quest’anno. L’evento, curato dalla nostra Paola Scrolavezza, ha raccolto una serie di interessanti commenti, riflessioni e spunti in merito al romanzo L’isola dei senza memoria di Ogawa Yōko.

L’isola dei senza memoria

Pubblicato in Italia nel 2018 da Il Saggiatore, nella traduzione di Laura Testaverde, questo inquietante romanzo distopico della celebre scrittrice contemporanea Ogawa Yōko, fa in realtà il suo debutto per il pubblico giapponese già nel 1994. Eppure, mai come quest’anno, l’opera si rivela più attuale che mai. L’autrice è infatti stata tra gli ospiti di maggiore spicco dell’ultimo Festival Letterario di Edimburgo, durante il quale ha partecipato a un Book Talk che è riuscito a catturare l’attenzione unanime dei lettori. Il particolare periodo storico che stiamo attualmente vivendo, infatti, proprio come sottolineato dalla nostra Paola Scrolavezza, ha messo in luce particolari di questo romanzo che oggi brillano di una luce inedita: sempre più intensa, inquietante e distopica.

La storia è ambientata in un’isola senza nome, nella quale nessuno può entrare e dalla quale nessuno può uscire, dove gli abitanti perdono gradualmente i propri ricordi e i propri legami sociali, senza alcuna possibilità di sfuggire a queste incessanti scomparse. Niente viene risparmiato: dagli oggetti più comuni come le  caramelle, agli oggetti che racchiudono una parte di noi, come le fotografie, fino alla scomparsa degli animali e delle parti del corpo degli abitanti stessi. Immaginatevi che il legame che avete nel tempo creato con tutto ciò che vi circonda all’improvviso scompaia per sempre e che non restino altro che entità vuote intorno a voi. Questo è proprio ciò che accade su quest’isola, un mondo in cui niente conserva più la propria essenza: un mondo profondamente vuoto.

Il tema della voce

La protagonista de L’isola dei senza memoria è una giovane scrittrice, rimasta orfana in seguito alla cattura della madre da parte della polizia segreta, che organizza continue “cacce ai ricordi” per catturare proprio chi, come la madre della protagonista, non dimentica. L’unica arma ancora in possesso della protagonista e di coloro che si legano maggiormente a lei nel corso della storia – il suo editore R, del quale decide di prendersi cura, e un suo vecchio amico, chiamato “nonno”, che decide invece di prendersi cura di lei – è proprio quanto di più prezioso è ancora contenuto e ricordato nei romanzi: la parola. La parola che, come sottolineato dai nostri lettori, esprime ciò che siamo e ci permette di conservare i nostri ricordi, donando loro una patina indelebile di eternità. Ogawa Yōko ci comunica l’importanza dell’espressione personale attraverso i ricordi e le parole. E sarà infatti proprio la scomparsa della parola la perdita più angosciante, disarmante e tragica nel romanzo. L’autrice utilizza la tecnica della metanarrazione circolare per rendere così potente questo tema cruciale. La nostra protagonista, durante il corso della narrazione, è intenta alla scrittura di un romanzo, la cui protagonista è a sua volta stata reclusa da un uomo malvagio che vuole annientarla portandole via la capacità di esprimersi. In modo perfettamente complementare, l’ultimo ricordo a scomparire dall’isola della scrittrice sarà proprio la voce. Un inquietante movimento narrativo circolare che, ancora una volta, vuole sottolineare l’importanza del ruolo che l’espressione personale è in grado di giocare nella memoria collettiva e individuale. Un particolare che ha sicuramente spiazzato e affascinato i nostri lettori.

Il valore della memoria

La nostra Paola Scrolavezza si è soffermata in particolar modo sul fatto che questo romanzo sia effettivamente un racconto dedicato alla memoria e al suo imprescindibile ruolo sociale, storico, sociale e collettivo. Ogawa Yōko non scrive infatti di una semplice distopia, scrive di una realtà che siamo portati a sentire quasi come fosse tangibile, oggi più che mai. La precisione descrittiva dell’autrice, che rende ogni dettaglio così necessario, la sua capacità di coinvolgere in modo profondo il lettore e il suo stile tagliente rendono il senso della memoria centrale durante tutto il racconto. I nostri lettori sono rimasti particolarmente affascinati dal fatto che i ricordi non siano qui percepiti come qualcosa di importante esclusivamente in sé e per sé, ma piuttosto come ciò che ci permette di avere cura di noi stessi e di chi ci sta più a cuore: un legame invisibile e allo stesso tempo così puro e vero. Il tema della memoria e dei rapporti umani è il fulcro di questo romanzo, poiché sono proprio questi ultimi a farci dono del legame che siamo in grado di stringere con gli oggetti, e l’emozione che ci lega alle cose, in realtà, ci interseca con le altre persone. Ogawa Yōko sembra proprio intenzionata a mettere in guardia riguardo all’allentarsi di tali legami. Non passano infatti inosservati i molteplici richiami alla Shoah, a partire dall’inquietante e incombente presenza della “polizia dei ricordi”, che ricorda molto le SS naziste, e dalla reclusione dei protagonisti, per arrivare poi alla perdita di qualsiasi legame, alla reificazione generale delle persone e dei loro rapporti.

La perdita dei legami

Uno degli aspetti apprezzati da Paola Scrolavezza è infatti proprio il modo in cui l’autrice parla della memoria e del ricordo degli oggetti. Si ha la sensazione che gli oggetti all’improvviso spariscano e l’immagine dei petali di rosa che sembrano lanciarsi da soli nel fiume pare sottolinearlo. In realtà, non sono gli oggetti veri e propri a sparire, ma il legame che le persone hanno instaurato con essi. Ed è per questo che la scomparsa degli arti ha colpito molto i lettori, non essendo abituati a considerarli come oggetti. La protagonista si sveglia nel suo letto, capisce che qualcosa non va in quel silenzio immobile e, mentre cerca di capire cosa sia sparito durante la notte, si accorge di avere un peso attaccato al bacino. È una scena davvero toccante, diversa rispetto alla rappresentazione della sparizione degli altri oggetti e allo stesso tempo molto inquietante e profonda: nel momento in cui è il rapporto emotivo a scomparire, allora qualsiasi cosa può svanire nel nulla.

In quel momento ci accorgemmo che stavamo pensando la stessa cosa: guardandoci negli occhi, percepimmo un’inquietudine annidata già da molto tempo in un angolo del cuore di ciascuno di noi. La luce frantumata dagli spruzzi della fontana illuminava il suo profilo. Con l’impressione che, una volta espressa a parole, quell’inquietudine sarebbe potuta divenire realtà, lo sussurrai dentro di me, piano affinché lui non se ne accorgesse: se le parole scomparissero, cosa accadrebbe?

La modalità di sparizione degli oggetti ha ricordato a Paola Scrolavezza per antitesi il racconto Il giardino di Margherita di Matsuda Oko, presente nella raccolta Scrivere per Fukushima. La protagonista è solita piantare oggetti che, dopo il disastro nucleare, iniziano a diventare sempre più inquietanti. Vengono piantati gli oggetti che sono sopravvissuti nella speranza che possano rinascere e mettere radici. Diversamente ne L’isola dei senza memoria, gli oggetti sopravvivono ma sono completamente sradicati dal loro terreno e dal loro contesto. 

Uno degli aspetti che ha angosciato maggiormente i lettori è la visione della perdita, che non è semplicemente passiva ma è allo stesso tempo attiva: gli abitanti dell’isola partecipano attivamente liberandosi degli oggetti per cui non trovano più un’utilità o un senso. Il rogo dei libri è sicuramente uno degli esempi più rappresentativi, soprattutto per il fatto che la protagonista, seppur scrittrice, trovi naturale liberarsi di questi oggetti ormai sconosciuti. 

La solitudine

Ogni sparizione, in questo romanzo, lascia un profondo vuoto nel cuore. Vi è una spersonalizzazione graduale, lenta e logorante, enfatizzata dalla scelta dell’autrice di non dare nome ai personaggi. Il cambiamento è quasi impercettibile all’inizio ma gli oggetti continuano ripetutamente a scomparire e allo stesso tempo il cuore delle persone viene corroso pezzo dopo pezzo, fino a diventare un unico grande vuoto. Si può notare come la scomparsa di questi pezzetti del cuore abbia anche delle ripercussioni sulla vita sociale e interattiva nell’isola. All’inizio del romanzo viene presentata una comunità in cui le relazioni con gli altri abitanti fanno parte della vita quotidiana. Ma al di là dello stretto circolo della protagonista, le persone finiscono per interagire sempre meno fra di loro e le relazioni cominciano a sgretolarsi lentamente. Gli abitanti hanno timore di avvicinarsi agli altri per paura che possa essere una trappola e che dietro vi sia la polizia segreta, perciò anche solo comunicare sembra essere pericoloso.

Gli abitanti dell’isola facevano una vita ritirata: evitavano tutti di uscire di casa oltre lo stretto indispensabile, nei giorni di riposo spalavano la neve in silenzio e accostavano presto le tende appena si faceva sera. Sembrava che persino i loro cuori fossero imprigionati nella morsa della neve.

Questo è uno dei tanti messaggi importanti che i lettori ricavano dal romanzo: l’autrice vuole metterci in guardia sull’allentarsi dei legami con gli oggetti e con i ricordi che vanno a compromettere anche i rapporti umani all’interno della comunità. 

Conclusione

I lettori sono concordi con il fatto che, sebbene L’isola dei senza memoria sia stato scritto nel 1994, i temi trattati rimangono ancora attualissimi. Un’opera molto poetica in cui Ogawa Yōko riesce a trovare un equilibrio quasi perfetto nonostante il tema importante della memoria, non facile da trattare. Un romanzo profondo e intenso che a ogni lettura offre sempre nuove domande e nuovi spunti di riflessione.

Recentemente è stato annunciato un adattamento cinematografico con alla sceneggiatura di Charlie Kauffman. Grazie alla precisione descrittiva con cui l’autrice riesce a dipingere i bellissimi quadri presenti nel romanzo, L’isola dei senza memoria si presta perfettamente a essere reso in immagini, e per questo la nostra Paola Scrolavezza e i nostri lettori non vedono l’ora di vedere l’opera finale.

Se vi siete persi il nostro incontro o volete saperne di più, vi consigliamo di leggere la recensione sul nostro sito e la nostra intervista alla traduttrice della versione italiana Laura Testaverde

Il prossimo incontro: La ragazza del convenience store di Murata Sayaka

Il prossimo incontro con il nostro Book Club si terrà il 10 febbraio, sempre sulla piattaforma Zoom, e parleremo de La ragazza del convenience store di Murata Sayaka, edito in Italia nel 2008 da edizioni E/O nella traduzione di Gianluca Coci.

Murata Sayaka è una delle autrici contemporanee più apprezzate, la cui carriera è costellata da importanti successi.

Vincitore del prestigioso premio Akutagawa, il romanzo muove una critica nei confronti dell’omologazione sociale e del concetto di “normalità”.

Un appuntamento a cui non potete mancare!

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