La casa impura di Ono Fuyumi – Da dove arriva il male?


“Avevo deciso di non farci più caso, di dimenticarmelo, ma quel suono continua a tormentarmi…”

La zona del Kyūshū è molto famosa nella tradizione giapponese per i racconti di fantasmi e dell’orrore, ed è proprio in questa terra che l’autrice Ono Fuyumi nasce nel 1960. L’influenza della terra natale è molto forte nelle sue opere, infatti La casa impura (Zan’e 残穢) non è l’unico racconto di genere horror dell’autrice: nel 2012, pochi mesi prima dell’uscita di Zan’e pubblica un libro intitolato Kidan hyakkei 鬼談草紙 (Cento racconti di demoni). La cosa curiosa è che i due libri risultano collegati: nonostante il titolo citi cento storie, queste sono solo novantanove, questo perché il centesimo racconto è rappresentato proprio da La casa impura.

Vincitore del premio letterario Yamamoto Shūgorō, La casa impura (2012) è stato pubblicato in Italia da Atmosphere Libri nella collana Asiashpere, tradotto a cura di Stefano Lo Cigno. 

Nel 2015 ne è stato tratto un adattamento cinematografico diretto da Yoshihiro Nakamura intitolato The Inerasable Zan'e: Sunde wa ikenai heya 残穢 -住んではいけない部屋), presentato in anteprima alla ventottesima edizione del Tokyo International Film Festival

Un’autrice di romanzi horror riceve una lettera da Kubo, fan accanita delle sue opere e anch’essa scrittrice presso la redazione di un giornale e inquilina del condominio Okaya. Kubo nella lettera racconta di come spesso senta uno strano rumore provenire dalla sua camera da letto, come di qualcosa che sfrega la superficie del pavimento. Inizialmente questo fenomeno si manifestava solo sotto forma di rumori, ma un giorno Kubo vede il lembo di una cinta per kimono che si trascina sul tatami della stanza. In quel momento Kubo decide di iniziare a fare delle ricerche sul passato del palazzo in cui abita nelle quali in seguito verrà coinvolta anche la stessa autrice del romanzo.

Le indagini si basano principalmente sui racconti dei residenti attuali e degli ex residenti e sui documenti catastali che riguardano sia il palazzo stesso che il terreno su cui è stato costruito. Kubo e l’autrice del romanzo, che si presume sia la stessa Ono Fuyumi, porteranno a galla omicidi, suicidi e incendi legati da una maledizione la cui origine non verrà mai realmente rivelata. 

Il libro viene scritto in prima persona sotto forma di report che documenta le scoperte in ordine cronologico, di fatto dei racconti che tornano sempre più indietro nel tempo arrivando fino all’800, al periodo Meiji.

Nel corso del libro non è mai troppo chiara la distinzione tra realtà e suggestione: non vengono mai riportati episodi paranormali documentati ma questi arrivano a noi solo come racconti di persone che hanno assistito a tali fatti. L’autrice si mostra sempre molto scettica durante le indagini e cerca di trovare una spiegazione logica per tutto ciò che accade, ma ci saranno situazioni in cui anche la donna avrà dei dubbi. È proprio l’assenza di una chiara distinzione tra ciò che è reale e ciò che non lo è che rende il libro interessante: i fatti vengono riportati come tali e sta a chi legge o ascolta decidere se tali eventi sono legati a entità paranormali.

L’autrice fa costanti riferimenti agli usi e costumi giapponesi e alla religione buddista e shintoista, in particolare vengono spiegati in modo esaustivo riti e usanze la cui comprensione è importante ai fini della trama del libro, ma che a volte risultano prolissi e spezzano la continuità del racconto. Molto apprezzabili invece le note alla fine del libro che spiegano il significato di alcuni termini, utili soprattutto per chi non ha alle spalle uno studio di lingua e cultura giapponese.

Non mancano le critiche, seppur velate, alla società giapponese moderna: i crimini minorili, il fenomeno degli hikikomori, la forte pressione sociale e i suicidi non vengono mai trattati come argomenti a sé stanti ed esplicitamente denunciati, ma vengono citati sempre in relazione ai presunti fenomeni paranormali e legati a maledizioni.

Questo libro soddisfa gli appassionati del genere J-Horror perché riesce a spaventare anche senza ricorrere a descrizioni cruente e splatter, ma concentrandosi piuttosto su come rendere realistiche le reazioni dei personaggi e le loro sensazioni facilitando il coinvolgimento del lettore. 

Alla fine della lettura ci si può interrogare sul passato del luogo in cui si vive: quante persone hanno abitato qui prima di me? Cosa è successo su questo terreno? Si potrebbe provare a trovare delle risposte sul passato dei luoghi, ma come lascia intendere anche questo romanzo, non si potrà mai avere una risposta esaustiva.