Finché non aprirai quel libro: istruzioni d’uso su come cambiare la propria vita


Finché non aprirai quel libro (O sagashi mono wa toshoshitsu made, 2020), è un romanzo di Aoyama Michiko, edito da Garzanti nel 2022 nella traduzione di Daniela Guarino. Si tratta di un vero e proprio fenomeno editoriale, che ha venduto in Giappone più di 150.000 copie entro poche settimane dall’uscita e si è aggiudicato il premio Japan Booksellers’ Award, assegnato dai librai.


La signora Komachi è diversa dalle altre bibliotecarie: è in grado di capire perfettamente desideri, rimorsi e rimpianti di chi ha davanti e cosa vuole davvero dalla vita. In effetti, bastano poche e semplici domande e subito si mette a digitare velocissima sulla tastiera per stampare un elenco di libri consigliati e, in fondo, ne aggiunge sempre uno che all’apparenza non c’entra con quelli richiesti, ma che, in realtà, si rivela sempre molto utile e rivelatore per chi lo legge. Inoltre, è un personaggio sfuggente, quasi un’apparizione perché sta sempre seduta dietro la scrivania della biblioteca di un piccolo quartiere, lavora la lana cardata con cui crea piccoli oggetti che regala a chi si serve della sua consulenza come supplemento e ha sempre i capelli legati in uno chignon fissato da uno spillone a fiori. Di per sé, non parla molto, ma è la figura chiave che permette ai vari personaggi di cambiare prospettiva sulle loro vite e avere il coraggio di inseguire i propri sogni per sentirsi realizzati davvero ed essere se stessi. In effetti, il romanzo è diviso in cinque storie di persone completamente diverse per età, sesso, professione e situazione, ma tutti, per un motivo personale, non solo vivono nello stesso quartiere, ma non sono felici né delle proprie vite, né di loro stessi.

Il primo capitolo vede protagonista Tomoka, 21 anni, commessa in un negozio di abbigliamento per signora, che, quando si è trasferita a Tōkyō dalla provincia, pensava che sarebbe diventata una donna in carriera, indipendente e di successo. Invece, considera la sua vita solitaria, mediocre e piatta, senza passioni.

Nel secondo capitolo, conosciamo Ryō, 35 anni, contabile presso una ditta di mobili, che vorrebbe realizzare il suo sogno di aprire un negozio di antiquariato con la fidanzata, ma ha paura del fallimento economico e del giudizio degli altri.

Proseguendo con la lettura, è la volta di Natsumi, 40 anni, ex redattrice di un magazine e mamma di un bambina di tre anni. Seguiamo le sue vicissitudini nel tentativo di coniugare la vita lavorativa con quella famigliare, perché Natsumi non si sente realizzata né come donna, né come madre. Ama la figlia con tutta se stessa, ma ha comunque un lavoro part-time che la impegna, perciò non si sente una buona madre, perché non si dedica sempre alla piccola. D’altro canto non è contenta del suo lavoro, perché non la stimola e anzi ha dovuto rinunciare alla carriera dei suoi sogni per dedicare più tempo alla figlia, mentre il padre non ha fatto lo stesso, quindi si sente sola e incompresa da tutti, marito compreso.

Il quarto capitolo è, invece, dedicato al giovane Hiroya, un trentenne disoccupato. Questo personaggio incarna il tipico neet, cioè non studia, non cerca attivamente lavoro e vive con i genitori. Hiroya coltiva da sempre il sogno di diventare un illustratore di successo, ma dopo molti insuccessi, ha deciso di rinunciare e si è dedicato ad altro. Nonostante questo, non riesce a trovare il proprio posto nel mondo: tutti i lavori che ha tentato si sono rivelati troppo difficili per lui e ha finito per licenziarsi. Inoltre, si sente inutile e incapace di fare qualsiasi cosa, ma si sente anche in colpa per il fatto di avere già trent'anni e vivere ancora con la madre, mentre il fratello maggiore ha una carriera di successo ed è indipendente.

Nell’ultimo capitolo, incontriamo Masao, un pensionato di 65 anni, che, dopo aver dedicato più di quarant’anni di lavoro alla stessa azienda, ora si ritrova libero da ogni obbligo o compito, ma senza sapere come impiegare tutto il tempo che ha a disposizione. Ha paura di essere di peso alla moglie - più giovane e quindi ancora impegnata nel lavoro - e ha paura di sprecare il proprio tempo, ma non ha neanche degli hobby a cui dedicarsi o degli amici con cui uscire, perché si è sempre dedicato solo alla carriera. Nonostante questo e pur sentendosi inutile in quanto pensionato, vuole comunque affermare il proprio diritto a vivere la vita e a essere felice, anche imparando cose nuove.

Il romanzo muova dunque una sottile critica alla società di oggi, non solo giapponese, ma di tutti i paesi industrializzati. In effetti, a essere criticata è la pressione a essere sempre in movimento, a fare, che produce la convinzione di avere diritto a godere la vita a un ritmo lento solo se si è bambini. Gli adulti invece devono pensare a lavorare, fare carriera e avere successo, pena essere considerati dei falliti. Chi non condivide questo stile di vita, viene guardato con sospetto perché diverso, e fatto oggetto di critica. In più, una volta trovato un lavoro, bisogna costruirsi una famiglia, dove è ancora la donna che si deve sacrificare di più per i figli. Poi, con l’arrivo della pensione, si esaurisce il proprio ruolo sociale e, quindi, non si è più utili.

I protagonisti dei diversi capitoli, pur trovandosi in fasi della vita molto diverse, ambiscono al successo lavorativo e soffocano i veri sogni e i desideri proprio per paura di fallire e di essere considerati degli outsider dalla società, ma non sono felici. In effetti, anche se ci sono sicuramente persone che trovano la felicità nel percorso prestabilito dalla società, ci sono anche persone - come il romanzo dimostra - che trovano piena realizzazione ed espressione di sé in altri modi, ugualmente legittimi.

[…] Per me tutte le persone che hanno relazioni con altre persone sono la società. È un qualcosa che accade grazie al fatto di avere dei punti di contatto. Nel passato e nel futuro. (Capitolo 5, pag. 185).



 

Per questo, i cinque protagonisti condividono la stessa sensazione di scollamento, insoddisfazione e infelicità per il divario fra la vita che conducono, che cerca di adeguarsi alla società, e quella che vorrebbero condurre davvero. Ma proprio nel momento del bisogno le loro vite si incrociano con quella della signora Komachi che, grazie alla sua saggezza e sensibilità, è in grado di consigliare i libri giusti al momento giusto. Leggendoli, tutti ne sono ispirati, riescono a mettere da parte ansie, paure e insicurezze e trovano il coraggio necessario per realizzare i propri sogni. Di fatto trovano soluzioni pratiche per rendere reali i loro desideri e coniugarli nella vita quotidiana.

Era diverso da qualunque posto in cui fino ad allora avevo lavorato part time. Probabilmente non ero io a essere un buono a nulla, ma semplicemente non avevo mai trovato il posto giusto che mi valorizzasse. Avere la reale sensazione di “servire a qualcosa” mi dava una grande serenità. Sentivo che lì ci potevo stare. (Capitolo 4, pag. 153).

Inoltre, anche se è difficile, è importante imparare a non paragonarsi agli altri, perché ognuno di noi ha il proprio percorso da seguire, in base al proprio modo di essere, al contesto in cui vive, a sogni e ambizioni. E comunque, se non si arrecano danni agli altri, ogni modo di vivere è giusto.

Guarda che mentre continui a dire “un giorno” il tuo sogno non finirà affatto. Anzi, continuerà a esserci per sempre, bellissimo com’è adesso. Se pure non si avverasse, secondo me sarebbe comunque un modo per vivere. Anche avere un sogno nel cassetto non è mica una cosa brutta. Perché ci dà gioia nella vita di tutti i giorni. Ma se invece vuoi sapere che cosa c’è in fondo al tuo sogno, allora devi farlo. (Capitolo 2, pag. 52).

Questo libro ci insegna che si può vivere la vita che si desidera, basta avere coraggio e fiducia in se stessi e negli altri, due parole chiave che ricorrono spesso. Inoltre, la signora Komachi, tramite le sue domande e i libri che consiglia, ci fa capire che spesso è tutta una questione di prospettiva: siamo portati a pensare che siano gli altri a dover cambiare per noi, a dirci cosa fare, perché aspettiamo che il cambiamento venga da fuori. Invece è la prospettiva che dobbiamo cambiare e ripartire da noi stessi, capire che non siamo perfetti e non lo saremo mai, ma che l’importante è costruire la propria vita un passo alla volta, prendendoci cura di noi stessi, dell’ambiente e delle persone che ci circondano. Inoltre, si può e si deve imparare dagli altri, per superare i propri limiti e per mettersi in gioco. Dunque, è essenziale lasciarci ispirare dalle persone che incrociamo sul nostro cammino per imparare a essere sicuri di ciò che siamo: tutti i personaggi che i protagonisti incontrano nel romanzo svolgono questo ruolo, a partire ovviamente dalla signora Komachi.

Siccome pensavo alle cose mettendomi al centro, non riuscivo a considerarle se non sentendomi una vittima, chiedendomi perché tutti non agissero in un modo che mi fosse congeniale. (Capitolo 3, pag. 108).

Quella volta lì, papà, è così che mi hai detto: “Camminare come un granchio è interessante. Il panorama ci passa accanto e riusciamo a vedere un mondo più ampio del solito. Camminare di lato è una sorta di grandangolo”. (Capitolo 5, pag. 190).

Il cambiamento parte da noi stessi: prima è mentale, perché cambia il modo di vedere le situazioni e le persone, poi è pratico, perché si aggiustano le cose che non ci rendono felici e si prova ad arricchirsi con hobby e abilità nuove. Dunque, bisogna avere fiducia in se stessi e in quello che ci riserva la vita, come bambini, curiosi di esplorare il mondo, ma sempre vivendo giorno dopo giorno al meglio per migliorarci a piccoli passi, circondandoci di cose e persone che ci fanno stare bene e dando il giusto peso a ciò che accade.

Da qui, anche l’importanza dei libri e della lettura che ci aiutano in questo percorso, aprendoci la mente e mostrandoci nuovi modi di vivere: anche se siamo noi a interpretare le parole in base al nostro contesto personale e alle nostre esperienze, è importante leggere e lasciarsi ispirare da ciò che si legge per sentirsi meno soli. Proprio come ci dimostrano le parole pronunciate dalla signora Komachi:

Questo vale per qualunque libro. In ogni caso, più che dire che è lui che ti ha dato la forza, la cosa importante è che tu lo hai letto in quel determinato modo. (Capitolo 3, pag.110).

Però tenga presente che io non sapevo nulla né ho fatto nulla per lei. Voi tutti trovate da soli un senso al supplemento che io vi regalo. E lo stesso vale per i libri. Cose che non c’entrano nulla con lo scopo dell’autore e le parole che questi ha scritto, è poi chi le legge a legarle a sé con un filo, a ricavarne qualcosa che è soltanto suo. (Capitolo 5, pag. 192).

Leggere è una forma di conforto, ma è anche fonte di forza e coraggio per cambiare ed essere felici davvero. Leggere ci aiuta ad avere fiducia in noi stessi e negli altri, senza pregiudizi, perché la fiducia è una delle cose che ci rendono empatici e sensibili, cioè, umani.

Il romanzo è ricco di citazioni profonde che servono come monito e spunto di riflessione: è come se Finché non aprirai quel libro volesse aiutare i lettori nel mondo reale, ispirandoli e spronandoli a vivere la vita che vogliono davvero, proprio come nella finzione letteraria fanno i libri consigliati dalla signora Komachi ai protagonisti.