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Simboli di femminilità e virilità in un’unica rappresentazione fisica: il gender nel visual kei

15 Ottobre 2014
Stefania Viol

Una rubrica tutta dedicata al visual kei, a cura di Stefania Viol.

Il visual kei è un movimento nato nell’ambito del rock giapponese che punta all'enfatizzazione della propria musica tramite l'aggiunta di un forte impatto visivo, “in altre parole, un'espressione corporale costruita intenzionalmente tramite il trucco e i costumi”. 

Secondo Inoue Takako, “una rock band è una specie di comunità maschile creata in modo da realizzare canoni di virilità”: il visual kei accentua questo tratto, ma la nuova estetica va a incrociarsi con i simboli più classici della femminilità, dando origine a un’immagine androgina che difficilmente trova eguali nel panorama rock internazionale. Infatti, propone quella che sempre Inoue definisce come un’“estetica maschile allargata”, che nasce proprio dall'utilizzo di elementi che simboleggiano la femminilità al posto dei classici simboli di virilità.
In modo particolare, Inoue individua il punto di partenza di questa nuova tipologia di rappresentazione di genere nella riappropriazione del trucco, che, già a partire dal diciannovesimo secolo, si è gradualmente trasformato in un emblema di femminilità, fino a culminare, nel Novecento, in una dicotomia che vede nella mentalità generale la cura estetica una prerogativa della donna, simbolo della bellezza. Allo stesso modo, la controparte maschile, tradizionalmente legata alla sfera pubblica, vede una drastica riduzione di tutto ciò che può essere interpretato come qualcosa di frivolo, per puntare sulla tempra dello spirito e della forza fisica, viste come due delle caratteristiche che permettono all’uomo di affermare il proprio valore all’interno della società. In altri termini la donna, legata a una sfera personale e privata, si è vista riservare una maggiore libertà di espressione estetica rispetto alla controparte maschile che, dovendo svolgere un ruolo di tipo pubblico e sociale, appare imprigionata all'interno dei tradizionali paradigmi di genere. Il rock occidentale, esclusi i movimenti glam rock e new romantic, non fa eccezione. Ed è proprio su questo punto che il visual kei prende le distanze da quel modello, ricercando un'estetica sempre più transgender, fino ad arrivare all'elaborazione di figure fondate totalmente sui simboli afferenti alla sfera della femminilità.

Nonostante il trucco sia una delle caratteristiche del visual kei e il punto di partenza della sua “estetica allargata”, esso non fu una novità nel panorama rock giapponese, in quanto era già presente nel metal autoctono, in particolare nel filone okeshō kei. Quest'ultimo sottogenere, la corrente più prossima al visual kei, prevedeva fondamentalmente due tipi di make up, riflettendo le tendenze dei gruppi occidentali: lo oni meiku 鬼メイク (make up da demone), riconducibile allo stile dei KISS e, successivamente, del gothic metal degli anni Novanta, e il bikei meiku 美形メイク (make up di bellezza), ispirato al glam rock, al new romantic e al LA metal d’oltreoceano e quindi più vicino al mondo della femminilità. L’androginia del visual kei non è riscontrabile nelle primissime fasi del fenomeno, e, anche se il suo trucco è solitamente caratterizzato come “bikei meiku”, è interpretabile come un compromesso tra i due paradigmi di make up in voga nel rock dell'epoca. A questo proposito è significativo il commento di Inoue, che analizza le rappresentazioni di genere nel visual kei attraverso le estetiche degli X, pionieri del movimento e modello per tutte le band successive: il trucco proposto, così come i lunghi capelli tinti, pur appartenenti all'universo femminile, vengono rielaborati ed estremizzati al punto che non possano più essere intesi come un elemento che conferisce alla band un'aura femminea. Tuttavia, non si osserva neanche l'ossessiva ricerca della mascolinità perseguita dalle varie correnti rock occidentali: nascono delle figure futuristiche, dal corpo estremamente esile, in contrasto con il modello dell'uomo virile e muscoloso, create tramite l'appropriazione e la rielaborazione di simboli talvolta femminili, talvolta maschili, determinando un'immagine che si slega dalle tradizionali concezioni di genere, siano esse legate all’immagine di uno o dell'altro sesso biologico. Già da questa fase, si possono evidenziare due tendenze opposte nella rappresentazione di genere nelle primissime battute del visual kei: un'estetica transgender e un'attitudine comportamentale più in linea con il rock occidentale, improntata all'esaltazione degli stereotipi della mascolinità. Si può dunque affermare che il visual kei si attenne sostanzialmente alla dicotomia che vede l'estetica nella donna e lo spirito virile nell'uomo: l'innovazione portata avanti dal fenomeno è da trovarsi nell'unione dei due elementi in un’unica rappresentazione corporale.

Già verso la fine del 1989, cominciò a spirare un vento di cambiamento sul movimento. Il visual kei prese a inglobare nella sua estetica dei simboli tradizionalmente ricondotti alla sfera della femminilità senza nessun rielaborazione: un’appropriazione di elementi quali il trucco, i lunghi capelli tinti, gonne, tacchi e pizzi, generalmente considerati una prerogativa dell'altro sesso. Questo processo fu avviato da YOSHIKI, la cui estetica si divide tra virilità, femminilità e androginia: nonostante nei servizi fotografici e nell'esecuzione delle ballate al pianoforte il suo look fosse costruito sulla base di elementi presi dal mondo femminile, il passaggio alla batteria che, specie grazie al suono pesante e martellante tipico del rock, enfatizza la forza fisica del musicista, comporta un cambiamento estetico: il musicista era solito spogliarsi dalle vesti ricamate che caratterizzavano la sua immagine, per poi suonare con vigore a torso nudo, in una performance che si ricolloca all'interno dei simboli di mascolinità. Più rare, sono delle esibizioni che uniscono l'estetica fine ed elaborata che richiama il mondo femminile, e la performance alla batteria, forte e intensa, emblema di virilità: dall'unione di elementi tratti dalle sfere di entrambi i sessi si viene a creare un'immagine androgina. Grazie alla sperimentazione estetica di questo musicista e alla nuova tipologia di performance teatrale e pacata proposta inizialmente dai LUNA SEA, che concorre al distacco dai modelli comportamentali rudi dei movimenti rock occidentale degli stessi anni, vengono a crearsi nel visual kei tre paradigmi: le figure androgina, femminea e virile. L'androginia è la scelta più comune tra gli artisti del movimento, in quanto permette al musicista una maggiore libertà di movimento e acquisizione di simboli estetici e comportamentali dalle sfere di competenza di entrambi i sessi. Questa tendenza è ancor più marcata nelle band del nuovo millennio, specialmente nella scena oshare kei: i colori accesi e i motivi kawaii dei costumi si uniscono a tagli di capelli tendenzialmente medio-corti, e a un make up marcato solo sugli occhi. Tutti gli elementi della loro estetica sono potenzialmente unisex, e propongono uno stile che potrebbe essere sfoggiato sia da ragazze che da ragazzi. Si può tuttavia osservare che in quasi tutte le band è presente almeno un membro che incarna un'immagine formata in gran parte da elementi presi dal mondo femminile, mentre l'estetica maschile più tradizionale trova ben poco spazio nel visual kei, rimanendo per lo più legata a quelle band che mostrano uno stile moderato, come quelle appartenenti al nagoya kei: la virilità rimane legata principalmente allo spirito e al comportamento tenuto da alcuni membri, fedeli a quanto proposto nelle prime battute del movimento.

Il visual kei appare dunque come un fenomeno che cerca una via di fuga dai tradizionali modelli di virilità normalmente riconosciuti e approvati dalla società, tramite l'appropriazione e la rielaborazione di simboli di femminilità, che in alcuni casi sfociano nella creazione di estetiche completamente basate su quest'ultimo ambito, al punto da rendere complessa la determinazione, soprattutto a chi non è pratico di questa scena, della sessualità dell'artista in questione. In questo modo il visual kei ha fornito non solo ai suoi esponenti, ma anche ai fan, dei nuovi modelli di identità di genere, allargati alle sfere di competenza del sesso opposto: un corpo neutro, e quindi libero dalle convenzioni sociali che affascina centinaia di giovani che non hanno trovato un mezzo di espressione della propria individualità, imprigionati come sono all'interno dei convenzionali modelli di genere.

 

Leggi anche: Il visual kei è solo giapponese? – Le origini del visual kei – Cos'è il visual kei? Musica, estetica e cool in Japan

 
 

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