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NipPop @ FEFF 19 con Ogigami Naoko

28 Aprile 2017
NipPop Staff

Lo Staff di NipPop a Udine per il diciannovesimo Far East Film Festival, incontra Ogigami Naoko, regista del film Close-Knit, che affronta, in modo delicato e originale, il tema dell’omosessualità e del diverso.

NipPop: Close-Knit è un film dai personaggi femminili forti, che riflette sulla famiglia e sulla maternità. Nel finale Tomo decide di tornare dalla madre, nonostante quest’ultima non si fosse distinta nel suo ruolo materno. Ha mai considerato l’idea di far terminare la pellicola in un altro modo, magari facendo rimanere la bambina con Makio e Rinko?

Ogigami Naoko: In un certo senso, ho messo qualcosa di me in ognuno dei personaggi femminili del film. Per esempio, sono convinta che una donna non debba necessariamente dipendere economicamente da un uomo, e non è un caso che questo sia un tratto che accomuna tutti i personaggi femminili che popolano le mie opere, che lo avvicina al mio modo di vivere.

Quanto al finale, ammetto di avere riflettuto a lungo su quale potesse essere una conclusione appropriata. Tomo ha trascorso molto tempo con la coppia che avete citato, maturando così una esperienza che le ha consentito di divenire una piccola adulta. Quindi, nonostante le difficoltà iniziali, grazie a questa maturazione personale non arriva mai a pensare di abbandonare la madre naturale. Per questo motivo ho optato per questo finale. Molti vi hanno letto una rappresentazione della forza del legame di sangue sul quale le famiglie si costruiscono. Ci tengo a precisare che non era assolutamente mia intenzione convogliare un messaggio di questo tipo, anzi penso che esistano realtà che, nonostante l’assenza di un legame di parentela diretto, sono sorrette da un incredibile affetto.

NipPop: I rapporti tra Kai e Rinko con le rispettive madri rappresentano due modi diversi in cui le famiglie possono recepire e affrontare la diversità. Quale pensa sia la situazione reale nelle famiglie giapponesi di oggi?

Ogigami Naoko: Con mio grande dispiacere ammetto che, in questi casi, il modello comportamentale generale è più simile a quello assunto da Kai e sua madre. Ci sono infatti ancora molti genitori in Giappone che pensano che un figlio LGBT possa essere in qualche modo “curato”, “guarito”, e non prendono nemmeno in considerazione l’idea di accoglierlo, semplicemente.

Non a caso l’idea del film è nata da un articolo che ho letto riguardo a una ragazza transgender che già a 14 anni aveva espresso la volontà di diventare donna, manifestando alla madre il desiderio di avere un seno femminile. La madre aveva creato per lei due piccoli seni finti. Questa forma di accettazione totale mi ha molto colpito, al punto che ho fatto di tutto per incontrare questa donna. Mi ha commosso sentirle ammettere di essersi divertita ad allevare sua figlia. In quel momento ho capito di voler trattare le tematiche LGBT in una chiave luminosa. Come il suo sorriso.

Per questo non ho mai avuto dubbi sulla caratterizzazione del personaggio di Rinko: doveva distinguersi per la spiccata positività. Anche nel momento del tentato suicidio di Kai (e sottolineo che si è trattato di un tentativo soltanto), ho voluto sviluppare il tema della speranza. Non avevo alcun interesse a creare una storia semplicemente incentrata sui problemi d’identità di una persona transgender. Il mio obiettivo è sempre stato quello di narrare la storia di una famiglia che diventa tale pur non essendo fondata su legami di sangue.

NipPop: Pensa che questo film possa in qualche modo educare e informare le nuove generazioni su questa tematica molto delicata?

Ogigami Naoko: Desidero che venga interpretato in questo modo! Alcune scuole elementari e medie di Shibuya, per esempio, stanno programmando la proiezione del mio film, promosso dai vari enti locali. Nelle grandi città come Tokyo e Osaka fra l’altro c’è stata una grande affluenza ai botteghini, mentre in città più rurali ovviamente no. Una situazione che mi ha reso ancor più consapevole del conservatorismo ancora dominante nel Giappone distante dalle grandi metropoli. Inoltre, ancora prima dell’uscita del film, è stato aperto un form su internet dedicato alla pellicola, nel quale si poteva assegnarle un voto da 1 a 5. Ebbene, con mia grande tristezza, circa 400 persone hanno votato 1, sottolineando come a molti l’argomento risulti ancora indigesto.

Del resto, è anche questo il motivo per cui non ho potuto scegliere un’attrice transgender per il ruolo di Rinko: perché purtroppo non esistono in Giappone attrici transgender. Ci sono alcune comiche transgender che appaiono in programmi televisivi, e ai telespettatori piacciono molto. Paradossalmente, però, quelle stesse famiglie che ridono alle loro battute e alle loro perfomances non accettano la stessa diversità nei propri figli. Essendo così difficile fare coming out, è impossibile attualmente percorrere la carriera di attore al di fuori dei siparietti comici in TV. Spero che tra una decina di anni le cose saranno cambiate!

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