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Crossdressing in Giappone: dagli anime al crossplay

20 Aprile 2018
Marlene Manfredini

Il crossdressing, travestitismo del genere opposto, grazie ad anime, crossplay e cafè, è ormai divenuto parte della cultura giapponese contemporanea.

Se per noi la parola crossdressing ha un significato generico, diverso è quello che accade in Giappone: bisogna innanzitutto comprendere la distinzione tra dansō (男装, letteralmente “vestirsi da uomo”), e josō danshi (女装男子, ovvero “giovane ragazzo in abiti femminili”). Altro termine per indicare uomini acconciati da donne è otoko no ko (男の娘, “figlia maschio”), un gioco di parole in quanto ko (“figlia”) è omofono di “bambino” (男の子).
Questi tre termini iniziarono a circolare su internet e nei manga e anime nei primi anni 2000, ma il concetto che traducono ha le sue origini nella tradizione giapponese dell’onnagata, ruolo del teatro kabuki. Essendo quest’ultimo un teatro completamente maschile, gli onnagata, ovvero gli attori destinati a interpretare ruoli femminili, adottavano infatti la pratica del crossdressing.

Anime e manga

Nel mondo di anime e manga, i riferimenti al crossdressing non mancano, sia come storie secondarie che come temi principali trattati dalle varie serie. Tra gli esempi più famosi possiamo ricordare Sailor Moon, Le Rose di Versailles (Lady Oscar) e Pokémon Adventures.
Nella quarta stagione di Sailor Moon è importante ricordare il caso di FishEye, uomo che si veste e atteggia da donna principalmente per svolgere le sue azioni malvagie: nel corso della serie non mostra la minima vergogna nei confronti della pratica del crossdressing, nemmeno quando direttamente attaccato a riguardo. Più controverso il caso delle Sailor Starlights/The Three Lights, il cui travestitismo nel manga (da donne a uomini) venne mutato nell’anime in un cambio di genere (da uomini a donne) durante la trasformazione Sailor, cosa che indispettì l’autrice Naoko Takeuchi.

Nel manga Pokémon Adventures, il travestitismo permette al personaggio di Yellow di sbarazzarsi dei pregiudizi sulla sua debolezza in quanto donna, e ne garantisce la sicurezza nascondendone la vera identità. In modo analogo, anche Lady Oscar, forzata dalla volontà del padre, assumerà abiti maschili per prendere il posto del genitore al comando delle guardie reali, ruolo che non sarebbe mai stato assegnato a una ragazza. L’unico episodio in tutta la serie in cui Oscar appare vestita da donna, la vede in incognito durante un ballo a corte, quando mostra le sue vere sembianze per non farsi riconoscere.

Crossplay

Nell’ambito del cosplay, esiste una sottocategoria dedicata al crossdressing, chiamata crossplay dall’unione dei due termini. Questa pratica occupa una posizione di prestigio nell’ambito del cosplay, in quanto oltre a immedesimarsi nel personaggio, è anche necessario studiare il sesso opposto, perché tutti possono fare cosplay, ma fare dei crossplay realistici non è altrettanto semplice. L’esercizio per riproporre pose e movenze, lo studio di tutorial di trucco, i vestiti cuciti apposta per nascondere le parti del corpo più facilmente collegabili a uno specifico genere: la trasformazione di un crossplayer richiede un’intensa preparazione artistica e una profonda passione nei confronti del personaggio scelto.
I lineamenti delicati e androgini di molti personaggi maschili di manga e anime facilitano alle ragazze il compito di interpretare tali ruoli, mentre la corporatura minuta di molti ragazzi giapponesi permette loro senza troppe difficoltà di indossare abiti femminili.
Al contrario dei pregiudizi che cercano nella sessualità il motivo della scelta, i crossplayer ribattono che è necessaria una grande sicurezza della propria mascolinità per poter ricreare un ideale di bellezza femminile senza sfociare in parodie o volgarità. Esistono infatti anche ragazzi che si travestono da donna esclusivamente con finalità comiche. Dalle parrucche messe a caso senza nascondere i capelli sottostanti, alle gambe coperte di peli e alla barba incolta, questa categoria attira le critiche di alcuni cosplayer, in quanto in contrasto con lo spirito di questa pratica: esprimere il proprio apprezzamento verso un manga o un anime tramite la sua imitazione. Perché nel mondo del cosplay l’importante non è il genere, ma la perfetta riproduzione del personaggio.

Un caso particolare è quello dei membri di alcuni gruppi visual kei, genere musicale giapponese prettamente maschile, vestiti da donne in quanto ripresa dell’estetica androgica proposta dagli shōjo manga e dal teatro Takarazuka, controparte tutta femminile del kabuki.

Bou, ex-chitarrista degli An Cafè

Maid Cafè

Il Giappone, in particolare il quartiere di Akihabara, è conosciuto per i suoi maid cafè, particolari bar con cameriere dalle divise elaborate e modi infantili, e pietanze dall’aspetto adorabile. Oltre all’opzione meno popolare dei butler cafè, con maggiordomi al posto delle cameriere e quindi indirizzati soprattutto alla clientela femminile, esistono anche cafè a tema crossdresser, nelle due varianti di dansō cafè (con ragazze vestite da butler) e josō danshi cafè (con ragazzi acconciati da maid).

Motto delle josō danshi è “vogliamo essere carine, non delle ragazze!”. Il motivo della scelta di molti crossdresser maschili è da ricercare infatti nell’estetica, non nell’orientamento sessuale, come dimostrato dall’eterosessualità di diverse josō danshi.
In Giappone i capi femminili sono spesso più economici, carini e vari, basti pensare all’enorme centro commerciale Shibuya 109 nel cuore di Tōkyō, dieci piani con ben 62 negozi dedicati all’abbigliamento femminile e solo 25 a quello maschile nella filiale 109MEN’S. E le divise dei maid cafè, colorate e piene di balze e merletti, sono espressione lampante di questo divario, evidente anche quando confrontato con la monotonia delle forme e dei colori dei completi dei butler.

Inoltre, per chi è alle prime esperienze di crossdressing, esistono café arredati a imitare dei saloon di bellezza, nati con l’obiettivo di dare a tutti la possibilità di sperimentare parrucche e abiti da donna in un ambiente protetto da critiche e pregiudizi. I gestori sono infatti a completa disposizione degli ospiti, per dare consigli e aiuto nell’abbigliamento.
Ma il nuovo look non deve restare confinato al cafè: i vestiti possono essere noleggiati e il nuovo trucco mostrato in giro. L’obiettivo di questi locali non è confinare il crossdressing, ma mostrare ai clienti un percorso per accrescere la propria fiducia in sé stessi, a partire da un luogo dove far pratica collettivamente in attesa di mostrarsi indisturbati per le strade del Giappone, una volta acquisita la forza e l’autostima necessarie.

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