Press panel del 25/04, ore 11:00
In sala: da sinistra a destra nella foto
Lee Do-yun – Confession
Lee Kwon – My Ordinary Love Story
Lee Won-suk – The Royal Tailor
Si inizia con una carrellata sui film dei tre registi:
Lee Do-yun: Il mio film parla della storia di tre amici che devono affrontare un momento di scelta, che porta a una quasi-tragedia. La domanda che mi pongo è: qual è il rapporto tra le persone?
Lee Won-suk: Molti mi chiedono: a cosa ti sei ispirato per questo film? Alla paura dei cambiamenti, al bisogno di capire perché alcune persone sono così conservatrici.
Lee Kwon: Nel mio film si creano delle aspettative: sembrerebbe una storia di amore con cenni di commedia, ma verso la metà si trasforma completamente in un altro genere. Prima di iniziare a lavorare a questa pellicola in effetti ero molto preoccupato, le reazioni da parte del pubblico sarebbero state diverse, si sarebbe spaccato in due. Volevo fare qualcosa di diverso dal solito, puntare su un risultato differente. E alcuni l’hanno odiato. Io mi sono basato sulla sceneggiatura originale, tratta da un racconto breve, che adattata fedelmente sarebbe durata solo 50 minuti. In questa versione manca il background del protagonista maschile. E poi il risultato inatteso, lo stravolgimento, in realtà non è così importante. Nella realtà noi viviamo molte storie d’amore dove succede qualcosa di inaspettato.
Il tema principale del film è comunque l’amore. In una scena mi sono ispirato alla storia di mia madre, per poter conoscere una persona ci vuole molto tempo. Vivendo una storia d’amore viviamo anche con i difetti dell’altro, e dobbiamo superarli. La protagonista del film è una ragazza semplice che vive con difficoltà questo aspetto della vita. La morale è che dobbiamo sempre credere nell’amore.
Una domanda a Lee Do-yun, a proposito di Confession: Penso sia impressionante che questo film abbia una doppia natura. Come si riesce a rendere un film così nuovo, così fresco?
Lee Do-yun: E’ vero che è molto difficile parlare di questo genere di film in maniera fresca. In Corea molte volte la stessa storia viene ripetuta in film diversi. Uno dei modi per differenziarsi è l’interpretazione. Nel film troviamo spazi quotidiani, comuni, buoni amici che si vedono tutti i giorni. Però dietro questa apparente normalità si celano bugie molto profonde. L’ordine delle scene è uno dei punti su cui mi sono concentrato. Gli spettatori italiani si saranno accorti che anche se c’erano delle scene scioccanti le hanno accettate perché chiunque di noi si sarebbe comportato allo stesso modo.
Un elemento che colpisce nel film è la qualità della recitazione: gli attori principali sono tre attori molto capaci, ma qui sembrano aver raggiunto un nuovo livello. Inevitabile chiedere a Lee Do-yun quale tecnica che utilizzi per spingere gli attori a dare il massimo…
La mia strategia è bere molto con gli attori (risate) A parte gli scherzi in Corea approfondiamo i discorsi bevendo. In realtà nel film gli attori hanno la stessa età ma nella realtà ci sono 9 anni di differenza tra loro. Durate il casting ho studiato molto come valorizzarli al meglio, cercando di dar loro dei ruoli adeguati al loro carattere; ho fatto in modo che diventassero amici già prima che cominciassero le riprese. Da questo punto di vista mi sento molto fortunato.
Si passa poi a Lee Won-suk, e al suo Royal Taylor.
Lee Won-suk: Innanzitutto vorrei dire che il vero protagonista del mio film è lo hanbok, il costume tradizionale coreano. Volevo iniziare con una scena incentrata su un abito occidentale, in una vetrina alla moda. Ma il costumista mi ha chiesto: “Pensi che gli abiti occidentali siano più belli degli abiti coreani?” Quindi mi sono documentato il più possibile sui 500 anni di storia del periodo Joseon e ho scelto gli abiti più belli. A realizzare tutti gli abiti che vedrete nel film sono stati abili artigiani. Per l’abito del sovrano sono serviti 6 mesi e 100.000.000 won (circa 85.000 euro). Quindi è stata davvero dura.
Poi c’è il rapporto fra i personaggi. L’attore principale del film, Han Sok-kyu interpreta un personaggio conservatore. E’ la prima volta che ne parlo, non ne ho parlato neanche in Corea. In origine il suo personaggio era omosessuale, e dalla passione che prova per gli abiti e nei confronti dell’altro protagonista si intravede. Tutta la produzione era contro a questa scelta.
Ma come mai i film coreani sono così famosi oggi?
Lee Do-yun: Il successo dei film coreani all’estero secondo me è legato alla crescita dell’economia in Corea, e al fatto di lavorare quasi 24 ore al giorno. Poi sono molti oggi che vogliono diventare registi. Sono dispiaciuto che il cinema coreano stia diventando troppo commerciale, ci sono meno film d’autore e d’essai.
Lee Kwon: Sono completamente d’accordo con Lee Do-yun: molti sembrano film fatti con lo stampo, usciti da una fabbrica. Occorre un cambiamento, e io vedo una profonda crisi nel cinema coreano.
Ma come è lavorare con una casa di produzione potente, cosa cambia?
Lee Won-suk: Nel mio caso c’è stata una grande collaborazione con la casa produttrice e la distribuzione, però non abbiamo una libertà totale.
Lee Do-yun: Sono stato fortunato con il mio film d’esordio: ho trovato un produttore molto in gamba che ha bloccato il rapporto con la distribuzione, lasciandomi la libertà totale di realizzare tutto ciò che avevo in mente. In questo senso sono stato molto fortunato, spero possa succedere più spesso in futuro.
E per concludere i progetti futuri.
Lee Do-yun: Sto lavorando a un film che uscirà nelle sale a fine anno. E’ completamente diverso, una storia d’azione, spero di essere invitato di nuovo l’anno prossimo al FEFF con questo film!
Lee Kwon: Sto lavorando a due film contemporaneamente. Uno low cost sugli adolescenti. L’altro è un remake di un film spagnolo, Sleep tight: abbiamo comprato i diritti, sarà molto interessante vedere il risultato.
Lee Won-suk: Il mio prossimo film sarà un musical, e poi sicuramente un film in Cina.