L’ora degli Yo-kai – Kappa

Una rubrica firmata da Davide Maggio per trasportarci nel magico mondo del folklore!

I protagonisti del nostro secondo appuntamento sono loro: Nogappa, Tabigappa e Kappa!

Tutti e tre i personaggi della serie hanno infatti come antenato comune uno tra gli yōkai che più sono diventati famosi anche oltre i confini del Giappone: il kappa.

Il termine 河童 (kappa) nasce dall'unione di 河 (kawa, fiume) e 童, carattere che significa “bambino” e che può essere letto come warabe o wappa. Il suo significato letterale quindi non è altro che “bambino del fiume” e, proprio per questo, sono nate nel tempo molteplici varianti del nome, alcune dalla scelta dei kanji che ne indicavano il concetto, altre semplicemente da letture alternative di 河童. Tra i più conosciuti si annoverano: 河太郎 (kawatarō) e 河子 (kawako) per il significato; kawappa o gawappa per la lettura.

Il loro aspetto è quello di un rettile umanoide, con elementi che rimandano sì alle tartarughe, sì alle lontre, ma soprattutto allo hanzaki, una specie di salamandra gigante tipica dell'area nipponica.

In alcune storie sono descritti come aventi le braccia collegate l'una all'altra: allungandone una quindi, l'altra si accorcerebbe. Quello che non manca mai però nelle varie raffigurazioni è il tipico copricapo largo e piatto: la leggenda vuole che sia proprio dalla presenza di acqua sulla sua superficie che questi yōkai traggano la propria forza. Essendo inoltre creature molto riverenti, si racconta che spesso quanti incrociassero il loro cammino, per fuggire ai loro dispetti, li facessero inchinare così tanto da far rovesciare tutta l'acqua e farli rimanere immobili.

Dispetti, sì, perché solo raramente i kappa si spingevano a compiere atti più gravi, come l'aggressione alle ama (海女, donne pescatrici) dipinta in epoca Edo, oppure durante la ricerca dello 尻子玉 (shirikodama) di qualche passante, una sfera mistica contenente l'anima di una persona che risiedeva nel basso intestino.

Venerati come divinità dell'acqua nello shintoismo, si pensa che possano ben convivere con gli umani, aiutandoli addirittura nell'irrigazione di campi e nella coltivazione, oppure competendo amichevolmente con loro in sport acquatici.

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