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NipPop X FEFF27 – “Rewrite”

8 Maggio 2025
NipPop Staff

Rewrite, presentato alla 27esima edizione del Far East Film Festival in prima mondiale, segna il ritorno di Matsui Daigo a Udine tredici anni dopo il suo debutto con Afro Tanaka e lo fa con il suo primo – riuscitissimo – tentativo di incursione nella fantascienza. In Giappone il film è atteso nelle sale a luglio 2025. 

Matsui Daigo e Ueda Makoto, sceneggiatore di film come Summer Time Machine Blues (2005) o Beyond The Infinite Two Minutes (2020), si cimentano in un’impresa non semplice, ovvero quella di riscrivere e riproporre un tema che si trova già saturo nei drammi romantici giapponesi: i viaggi nel tempo. E ci riescono, creando un prodotto che si dimostra equilibrato, ironico e profondo.

Rewrite, tratto dal romanzo omonimo di Hojo Haruka, rende un omaggio diretto ed esplicito al celebre regista Obayashi Nobuhiko, in due modi: ambientando la storia a Onomichi, città portuale che aveva dato i natali al regista e creando un legame con il suo film La ragazza che saltava nel tempo (1983), punto di partenza che poi viene deviato e rielaborato. 

La storia all’inizio è semplice, a tratti prevedibile: Miyuki (Ikeda Elaiza), è una liceale introversa e solitaria, che trova nel nuovo arrivato Yasuhiko (Adachi Kei) un’inaspettata affinità e con il quale crea un legame di tenera complicità. Lui è inafferrabile, misterioso, già velato della malinconia dell’addio sin dal primo incontro. Un addio inevitabile, appunto, perché Yasuhiko viene da un futuro lontano, distante trecento anni, a cui alla fine dell’estate sa di dover ritornare.

La svolta arriva quando Miyuki, grazie ad una pillola creata e donata da Yasuhiko, incontra una versione di sé stessa dieci anni nel futuro, che le dà un compito fondamentale: scrivere un romanzo che parli della loro storia e del loro amore. Lo stesso romanzo che aveva ispirato il viaggio nel tempo di Yasuhiko.

Quando arriva il doloroso momento dell’addio, Miyuki non esita nemmeno un secondo: sa di dover scrivere il romanzo e, con quello, anche il proprio destino.

Il secondo atto del film parte da dove era cominciato: dieci anni dopo, nel futuro. Miyuki è ormai adulta ed è diventata una scrittrice di successo, mantenendo fede alla parola data alla sua versione liceale. Tornata a Onomichi per una rimpatriata di classe, trova un mondo che sembra farle da specchio: è familiare ma diverso, proprio come lei. A questo punto, i toni romantici si disfano e lasciano spazio ad una riflessione sulla memoria, sull’identità – creativa e personale – e sul peso delle scelte fatte in gioventù.

Ma c’è qualcosa che turba l’idillio della memoria: l’incontro mancato con la sé adolescente. Le sue certezze si incrinano e si mescolano con i ricordi sbiaditi e un’improvvisa, devastante necessità di vedere confermato quel futuro che aveva dato per certo. Ogni elemento si carica di interrogativi e di una dolce-amara nostalgia, che aleggia in ogni incontro, in ogni parola.

La narrazione, inizialmente tessuta dalla sola voce di Miyuki, si svela man mano in un arazzo polifonico che coinvolge e rende protagonisti tutti i personaggi – anche quelli secondari. Infatti, non solo Miyuki, ma anche altri personaggi – vecchi compagni di classe, amici dimenticati, presenze marginali nella prima parte – emergono rivelando la conoscenza condivisa del mistero di Yasuhiko. 

Matsui e Ueda si dimostrano abilissimi nel mantenere il controllo su una struttura narrativa sempre più complessa e fragile, evitando il caos e riuscendo – anzi – a rafforzare la coerenza interna del film, pur allontanandosi dalle premesse del romanzo originale e preferendo una semplificazione narrativa, che non perde di profondità. Infatti, la scelta di eliminare certi snodi secondari e concentrarsi su un arco emotivo forte e un’unica linea temporale – seppur caleidoscopica – permette allo spettatore di immergersi nella storia senza perdersi nei paradossi temporali.

Anche il tono, così difficile da equilibrare, rimane fedele a sé stesso. Matsui si muove con disinvoltura tra il dramma sentimentale e il suo noto tocco comico, senza mai risultare incoerente. Le scene più comiche – come i tentativi maldestri di Yasuhiko di evitare di incrinare lo spazio-tempo – hanno strappato molteplici risate al pubblico del Teatro Nuovo di Udine, ma senza spezzare la tensione emotiva. 

L’interpretazione di Ikeda Elaiza regala al pubblico una Miyuki completa e sfaccettata: nell’immagine della ragazzina innamorata riesce abilmente a introdurre una giovane donna, alle prese con la paura di non essere all’altezza delle proprie pretese artistiche e del proprio destino. La transizione tra le due età è resa credibile nei dettagli: la postura, lo sguardo, il modo stesso di pronunciare le parole.

Adachi Kei, dal canto suo, propone un Yasuhiko che riesce sì a perdersi nei contorni del sogno romantico, ma che è anche artefice di una catena di eventi che avrà effetti nella vita di ognuno dei coinvolti. 

Rewrite fa del romance fantascientifico un pretesto per innestare un racconto stratificato sulla creatività, la memoria e l’identità. Si interroga, con leggerezza e rigore, su chi siamo e su quanto conti ciò che lasciamo agli altri – che sia una parola, un libro, un’azione. Sembra quasi che si raggiunga una dimensione di metacinema: chi scrive davvero la storia? Chi ne è il protagonista?

Matsui Daigo supera a pieni voti la sua prima prova con la fantascienza, capace di una maturità espressiva che lo rende un regista promettente sia per il genere che tra quelli della sua generazione.
Rewrite riesce ad emozionare e a far riflettere, ma senza pretendere di fare la morale e diverte senza scadere nel banale o nell’eccessivo.
In un mondo in cui tutto sembra già scritto, Matsui ci ricorda che la propria storia si può sempre riscrivere.

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