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“Estranei” di Yamada Taichi: quando il passato non ci abbandona

7 Marzo 2025
Sophie Irene Oyo

Estranei – così si intitola il romanzo di Yamada Taichi di cui abbiamo discusso durante il primo incontro della sesta edizione del NipPop Book Club. Un romanzo che narra l’incontro da brividi, in un’afosa estate giapponese, tra il protagonista e i fantasmi del suo passato. Il mondo dei vivi e quello dei morti si incrociano mettendo a repentaglio la sua vita. Quali saranno le conseguenze di questo incontro?

Estranei (Casa Editrice Nord, 2024) è un’opera dello sceneggiatore e scrittore Yamada Taichi, originario di Asakusa, uno dei quartieri ‘storici’ di Tokyo. Nonostante non riscosse particolare successo al momento della sua uscita, il romanzo vinse il Yamamoto Shūgorō Prize e fu successivamente adattato per il cinema, guadagnando discreta fama nell’arcipelago giapponese. Solo ultimamente il romanzo è stato riscoperto anche a livello internazionale, arrivando ad essere adattato anche nel cinema hollywoodiano con All of us strangers (2023), diretto da Andrew Haigh.

Il romanzo ha come protagonista Harada Hideo, un uomo di mezz’età da poco divorziato e con un rapporto freddo e distaccato con il suo unico figlio. L’uomo lavora come sceneggiatore per la televisione, e il suo lavoro e la passione che ci mette sono forse gli unici tratti distintivi di un personaggio la cui identità è poco definita – sia agli occhi del lettore che a quelli di Hideo stesso. Già da prima del divorzio viveva in totale solitudine: il matrimonio con la moglie Ayako è descritto come privo di qualsiasi tipo di affetto e calore, e segnato dall’incapacità di Hideo di mostrarsi vulnerabile o affettuoso a chi gli sta attorno. Questo blocco emotivo è la conseguenza di ferite passate ancora aperte, in particolare la perdita prematura dei genitori, avvenuta quando aveva solo dodici anni – una perdita incommensurabile che sarà il filo conduttore di tutto il romanzo. 

Una sera d’estate, infatti, Hideo decide di recarsi ad Asakusa, il quartiere di Tokyo dove è nato, dove avrà un incontro che cambierà il corso della sua vita: un uomo ed una donna che assomigliano in modo quasi irreale ai suoi genitori – o meglio a come li ricorda all’epoca della scomparsa. Messo da parte l’iniziale scetticismo e convinto che si tratti proprio di loro, Hideo inizia a frequentarne regolarmente la casa, ma con il susseguirsi degli incontri la trama prenderà dei risvolti inquietanti. 

Con il passare del tempo, Hideo sembra essere sempre più segnato nel fisico da qualcosa che lo consuma dall’interno. Kei, la misteriosa donna che vive nel suo stesso palazzo e con cui ha una relazione, intuisce il suo disagio e prova ad aiutarlo, diventando per lui un punto di riferimento insostituibile. Entrambi, però, nascondono dei segreti che intrecciano le loro vite in modi imprevedibili, spingendo il lettore a interrogarsi su dove possa arrivare la fiducia cieca in qualcuno.

Gli incontri con i genitori saranno fondamentali per il processo di autoanalisi che intraprende il nostro protagonista. Hideo è un personaggio immerso in una profonda solitudine causata dalla sua incapacità di relazionarsi con gli altri. Non a caso, già nelle prime righe del romanzo confessa: 

Ho sempre odiato il momento in cui le porte dell’ascensore si aprono in edifici come quello. L’idea di trovarmi di colpo faccia a faccia con un perfetto estraneo mi repelle. Constatato che la cabina era vuota, trassi un sospiro di sollievo.

Inoltre, non è certo da trascurare il contesto storico e sociale del Giappone di quel periodo, gli ultimi anni prima dello scoppio della bolla economica, caratterizzato da una profonda alienazione dell’individuo. Il ritratto del protagonista che l’autore ci offre non è quello di un uomo che cerca di uscire da questa situazione di isolamento, bensì di qualcuno che lo accetta come una realtà immutabile. 

L’unico momento in cui Hideo riesce ad emergere dalla corazza che si è costruito attorno negli anni è quando si ritrova tra le braccia dei genitori “redivivi”. Taichi commuove il lettore con il suo stile colmo di dolcezza, descrivendo i gesti amorevoli della madre, il tono deciso ma affettuoso con cui si rivolge al protagonista, la gioia negli occhi del padre mentre gli insegna il gioco del ramino floreale o gustano insieme i dolcetti di Asakusa. Sebbene Hideo abbia quasi cinquant’anni, quello che ritroviamo fra le pagine è un bambino che finalmente ha la possibilità di essere cullato ed amato dai genitori. L’amore della madre e il sostegno del padre sono stati per Hideo qualcosa di estraneo sin dal giorno in cui rimase orfano, un’assenza che avverte profondamente e che proietta sul figlio, abbandonandolo emotivamente così come lui stesso lo è stato.

Un’altra figura centrale per lo sviluppo del protagonista è Kei, la donna che vive al terzo piano del suo palazzo. Esuberante e vivace ma profondamente segnata dalla propria disabilità, Kei incarna una dualità che affascina Hideo e lo spinge a stringere con lei un legame profondo e autentico. Con Kei, Hideo trova uno spazio in cui è libero di essere se stesso, non vincolato dai ruoli imposti dalla società e dalla famiglia. La donna riesce a fornire conforto e affetto, e la sua accettazione incondizionata e priva di giudizio offre a Hideo un’alternativa alla solitudine e all’alienazione che lo tormentano. 

La vicenda si svolge tra le strade trafficate e rumorose intorno alla statale di Tokyo dove abita Hideo, ma soprattutto ad Asakusa, emblema di quello che la capitale giapponese era stata e che col tempo è andato perdendosi. La particolarità di questo distretto sta nel suo resistere (a fatica) al continuo mutamento della metropoli, dove convivono edifici tradizionali, templi buddhisti e shintoisti e palazzi moderni. La scelta di ambientare qui il romanzo è interessante poiché è un quartiere dove tradizione e modernità si incontrano e si scontrano, proprio come il passato ed il presente di Hideo. Il vecchio teatro comico della sua infanzia, ad esempio, è ancora in piedi anche se circondato da nuovi alberghi e club, ed è proprio lì che Hideo incontrerà nuovamente il padre. Asakusa conserva alcuni ricordi ma ne distrugge altri, come la casa in cui è cresciuto ora sostituita da una nuova costruzione, sottolineando il senso di smarrimento e alienazione che avvolge il protagonista dall’inizio del romanzo. Hideo torna nei posti in cui ha vissuto da bambino sperando di ritrovare l’atmosfera familiare della propria infanzia, ma la realtà frantuma prontamente ogni sua speranza.

Il protagonista intraprende quindi nel libro un percorso traballante fatto di incertezze, nostalgia e profonda sofferenza, tentando di recuperare i rapporti che si frantumano giorno dopo giorno e cercare un suo posto nel mondo. La sua storia ci incuriosisce, inquieta e commuove, ma soprattutto ci spinge a chiederci quanto del suo tormento e solitudine possa rispecchiarsi dentro ciascuno di noi.

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