L'uso dell'ombrello in Giappone tra amore e discriminazione


La Japan Meteorological Agency promuove una campagna contro il pregiudizio dell'“ombrello di genere”.

Ogni strumento che utilizziamo nella nostra quotidianità porta con un sé una storia che spesso nessuno di noi conosce e che si differenzia da paese in paese a seconda delle origini, dei tempi, e degli usi che lo caratterizzano. Anche il congegno più banale e scontato nella nostra vita può essere reso speciale se ne approfondiamo la genesi. E il discorso vale anche per il classico e usatissimo ombrello (kasa in giapponese), chiamato anche parasole, parapioggia o ancora paracqua per via della sua funzione: riparare sia dal sole che dalla pioggia. Non abbiamo purtroppo sufficienti informazioni per stabilire con certezza il suo luogo d'origine, ma siamo comunque sicuri che sia nato in Asia: Cina, India e Giappone sono tra i paesi più votati per questo ruolo. Sebbene oggigiorno il suo ruolo sia quello di ripararci mediante la sua copertura in tessuto ricurva, in passato era ben diverso: in Cina l’ombrello veniva associato alla figura dell'imperatore, in Egitto durante l'epoca faraonica poteva essere utilizzato solo dalla nobiltà, in Giappone per difesa dai samurai, nella Grecia classica assumeva un valore propiziatorio nel culto di Dioniso, e ancora durante l'epoca romana lo si poteva trovare solo nelle mani delle donne aristocratiche come accessorio di seduzione. E ancora oggi l'ombrello continua ad arricchirsi di nuovi significati e utilizzi.

In Giappone ad esempio la sua immagine non può che evocare il classico wagasa, realizzato in bambù e washi (una tipologia di carta giapponese lavorata a mano), noto per la sua eleganza e raffinatezza, ma anche per la praticità. Introdotto dalla Cina durante l'epoca Heian (794-1185), l'ombrello viene considerato sino a tutto il periodo Kamakura-Muromachi un articolo di lusso, ed è solamente a partire dal XVII secolo che diventa accessibile alla borghesia e ai popolani. Entra ben presto anche a far parte del mondo della moda, e le donne eleganti si impegnano nella ricerca del giusto abbinamento di colori tra il wagasa e il kimono.

Oggi in Giappone però l’ombrello ha acquisito un curioso significato nella figura dello aiaigasa (相合傘), che letteralmente significa “condividere un ombrello”.

Il disegno presenta un ombrello in forma stilizzata con un cuore in cima per esprimere chiaramente che i due nomi scritti in verticale sono uniti da un legame sentimentale. Un simbolo insomma che ricorda quello diffuso da noi in cui vengono inseriti i nomi degli amanti all'interno di un cuore trafitto dalla freccia del dio dell'amore Cupido! Tale scelta rappresentativa in realtà non è assolutamente casuale, al contrario richiama un rituale di corteggiamento praticato in passato che permetteva ai due interessati di conoscersi. Essendo proibito in genere a una ragazza non fidanzata di mostrarsi in pubblico con un uomo che non fosse un suo parente stretto, una possibilità per uscire con qualcuno era quella di camminare sotto la pioggia insieme: infatti il gesto del ragazzo, che riparava con il proprio ombrello la giovane, veniva considerato come un atto di galanteria. Non a caso spesso negli shōjo manga o nei drama sono presenti scene in cui improvvisamente, al sopraggiungere della pioggia, uno dei due innamorati ha un ombrello pronto per riparare l'altro. Fortunatamente il Giappone è caratterizzato da una lunga stagione delle piogge (lo tsuyu) che ha permesso alle coppie di fare ampio uso di questo simpatico espediente per conoscersi!

Eccetto questo momento di puro romanticismo, tuttavia sembra che l'utilizzo dell'ombrello per ripararsi dal sole oggi in Giappone sia appannaggio delle sole donne poiché considerato poco virile. Il pregiudizio ha messo in allarme la Japan Meteorological Agency (JMA), la quale condanna la tendenza a considerare l'ombrello “un accessorio di genere”, per via degli effetti benefici di cui tutti dovrebbero usufruire. In particolare la preoccupazione è dovuta alle alte temperature che nel mese di agosto sono state registrate nei pressi della capitale e che hanno provocato numerosi ricoveri causati da colpi di calore: la prefettura di Gunma, a nord-ovest di Tokyo, ha raggiunto l'11 agosto i 40,5 °C, la prefettura di Yamanashi il 12 agosto ha raggiunto i 38,2 °C e ancora, nel Giappone occidentale, la prefettura di Kochi è arrivata a 37,9 °C il 13 agosto. Dati per altro poi superati nelle ultime settimane del mese. Per questi motivi la JMA ha indetto una campagna di sensibilizzazione per eliminare questo tipo di pregiudizio, che non solo è il prodotto di un punto di vista retrogrado, ma è anche pericoloso per la salute fisica: l'utilizzo dell'ombrello in giorni così caldi permette infatti di ridurre la temperatura percepita di sette gradi Celsius.

La campagna indetta per promuovere l'uso dell’ombrello senza discriminazioni di genere si basa su una serie di cartelli pubblicitari, realizzati da Monya Izumi, raffiguranti degli ombrelli accompagnati da frasi provocatorie situate in alto a destra. Fino a ora le frasi presentate sono tre: «Puoi camminare all'ombra per sempre» - «Perché non smettiamo di credere che i parasole siano effeminati? Il problema non sono i raggi ultravioletti, è il pregiudizio»; e l'ultima riguarda la situazione attuale del Covid-19: «Per i bambini che non capiscono il distanziamento sociale, ecco qui. Pratici non solo come contromisura al caldo, i parasole sono ottimi per evitare gli assembramenti».

Sono già numerosi a Tokyo i soggetti che si sono mostrati recettivi all'iniziativa della JMA: diversi negozi e locali hanno esposto i manifesti e in tanti stanno partecipando pubblicizzando la campagna tramite i social con l'hashtag #higasaforall ("parasole per tutti"), condividendo il progetto all'insegna del progresso e della salute.

Fonte: SoraNews24

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