NipPop @FEFF20: Inuyashiki


Tratto dall’omonimo manga, Inuyashiki いぬやしき mostra come nonostante tutto, basti davvero poco perché la propria vita cambi nei modi più inaspettati. Anche una persona come tante altre può diventare un eroe o l’esatto opposto. Diretto da Satō Shinsuke e uscito da pochi giorni nelle sale giapponesi, lo abbiamo visto per voi al FEFF20.

Da una parte un uomo come tanti altri, Ichiro Inuyashiki (Noritake Kinashi), sottomesso e gentile, nell’ombra per tutta la sua vita pur desiderando l’affetto delle persone che ama. Dall’altra parte un ragazzo, Hiro Shishigami (Takeru Satoh), un po’ chiuso, freddo e all’apparenza scontroso, con una vita difficile alle spalle.
All’improvviso le loro vite si intrecciano, in una notte come tante altre, in un parco. Quello che li legherà però è qualcosa fuori dal comune: una luce abbagliante, provocata da entità sconosciute e quasi certamente aliene, cambierà la loro esistenza.

Infatti, a seguito di questo incidente i loro corpi sono completamente trasformati in cyborg che però conservano i loro ricordi e la loro personalità. Semplicemente non sono più umani.
La pellicola si incentra sulla vita di Inuyashiki, un uomo di mezza età considerato un peso dalla sua stessa famiglia e un incapace al lavoro. Inizialmente è spaventato da questa sua nuova condizione, non sa come gestirla e non vuole essere scoperto. Tutto cambia quando trova un uccello ferito per strada e, senza ben capire come, lo guarisce. Subito dopo, grazie al suo corpo potenziato, sente il pianto di una madre disperata per il figlio malato e decide di accorrere e salvarlo.
Nonostante insicurezze e incertezze, si rende conto che può fare del bene, trovando orgoglio e appagamento in questo.
Allo stesso tempo però, il ragazzo che ha subito la sua stessa sorte rinuncia completamente alla sua umanità. Così facendo sfrutta egoisticamente le nuove abilità che ha acquisito spingendosi fino all’omicidio. Inevitabile sarà lo scontro tra i due protagonisti, che rappresentano in maniera piuttosto stereotipata i due estremi del bene e del male, l’altruismo e l’egoismo.

Come i loro ruoli, anche Inuyashiki e Shishigami sono due personaggi piuttosto comuni. Il primo è il classico salaryman padre di famiglia che però non ha abbastanza carattere per imporre la propria volontà, al punto da venire maltrattato verbalmente in ogni occasione dalle persone che interagiscono con lui. È facile provare compassione per questa figura, che ha le migliori intenzioni ma resta invisibile agli altri nonostante desideri chiaramente il contrario.
Dopo l’incidente, mantiene la propria umanità e sembra che questa condizione lo stia lentamente aiutando a essere più sicuro di sé stesso, spingendolo a fare del bene. Non gli importa essere riconosciuto da chi aiuta e questo dettaglio lo avvicina un po’ ai classici supereroi a cui siamo tanto abituati.
Shishigami, invece, a causa del suo comportamento freddo e quindi più simile alla macchina che è diventato, rende difficile allo spettatore simpatizzare per lui. Tuttavia, con il procedere della pellicola vengono alla luce alcuni lati del ragazzo che dimostrano come nonostante la trasformazione qualcosa di umano in lui è rimasto, anche tenta di rinnegarlo.

I personaggi secondari giocano un ruolo piuttosto importante, non solo funzionale alla trama. Infatti aiutano a contestualizzare i due protagonisti nelle loro complicate vite. Restano marginali e senza particolare approfondimento. Nonostante figure come la figlia di Inuyashiki, Mari, e il migliore amico di Shishigami, Chokko, sono tasselli fondamentali per lo sviluppo psicologico dei due protagonisti.

Come per tutti i film Sci-Fi di oggi, è inevitabile l’uso della computer grafica, in particolare per rendere i corpi trasformati dei due cyborg e le scene di combattimento. La resa è buona, non appesantisce la visione della pellicola ma in alcuni casi sembra se ne abusi un po’.
Nel complesso il film risulta forse troppo lungo e lo sviluppo un po’ farraginoso della trama non contribuisce a renderlo più scorrevole. Vi sono infatti diversi momenti eccessivamente lenti poco alternati da altri decisamente sostenuti dal punto di vista dell’azione: questo porta lo spettatore a guardare passivamente la pellicola in attesa di un colpo di scena che non punti solo sugli effetti speciali.

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