NipPop @FEFF18: The Tiger

Atmosfera frizzante e di grande eccitazione al Teatro Nuovo di Udine ieri sera, in occasione dell'inaugurazione della diciottesima edizione del Far East Film Festival: ad aprire le proiezioni è stato il film sud coreano The Tiger di Park Hoon-jung, splendido kolossal proiettato in anteprima internazionale e simbolo dell'energia impiegata per portare avanti un progetto quale il FEFF, il cui programma quest'anno prevede la presentazione di 72 film nella sezione ufficiale, provenienti da 10 diverse aree geografiche dell'Asia, e tantissimi eventi sparsi per la città.

Protagonista del film The Tiger è Chon Man-deok, un vecchio cacciatore coreano che vive sulle montagne del Jirisan insieme al figlio sedicenne Seogi, nella Corea del Sud del 1925: un periodo storico difficile per il paese che in quegli anni è sotto l'egemonia dei giapponesi. Uomo freddo, deciso, ma anche premuroso nei confronti del figlio, Chon è considerato il miglior cacciatore dello stato. In seguito alla morte della moglie a causa dell'attacco di una tigre, però, decide di dedicarsi alla vendita di erbe medicinali e di affondare il proprio dolore nell'alcool.

Per ordine dell'ufficiale giapponese Maezono viene aperta la caccia alla tigre soprannominata il "Signore della montagna", un astuto felino di enormi dimensioni e forza incredibile, colpevole di avere massacrato un gruppo di soldati usciti alla ricerca di guerriglieri antigiapponesi (si tratta della stessa tigre che ha ucciso la moglie di Man-deo): mosso dal desiderio di possedere in esclusiva la pelliccia del felino più ricercato e temuto della Corea del Sud, il capriccio dell'ufficiale condurrà alla perdita di molte vite. A causa della difficoltà a stanare la belva, anche Chon Man-deok viene più volte invitato a partecipare alla caccia, ma l'uomo rifiuta poiché non vuole violare i confini posti dalla natura: bisogna prendere solo ciò che è necessario, quello che serve per la sopravvivenza senza abusare delle risorse che si hanno a disposizione.

La trama è contorta, ricca di interessanti flash-back che lentamente chiariscono i comportamenti dei personaggi, la cui lettura si snoda su più livelli: il rapporto tra genitori e figli (sia umano che animale), tra popolo coreano e giapponese, tra uomo e natura, vita e morte, tra necessità di sopravvivenza ed egoismo, vendetta e onore.

Interessante sicuramente lo sviluppo delle personalità di alcune figure, tra le quali la stessa tigre, che appare sempre più umanizzata, in netto contrasto con il gruppo di cacciatori inviato per catturarla, in particolare Do (il capo della spedizione) che nel corso del film rivela una personalità spietata, priva di compassione, alimentata dall'odio e dal risentimento (la tigre aveva ucciso il fratello anni prima in una battuta di caccia e aveva sfregiato il suo volto lasciandogli profonde cicatrici). Rimane il dubbio su chi sia realmente uomo e chi animale.

Molto buoni gli effetti speciali, realizzati sotto la supervisione della società 4th Creative Party, specialmente per quanto riguarda la resa dei primi piani e delle espressioni della tigre eseguiti con un'incredibile verosimiglianza, mentre l'animazione dei movimenti dell'animale e di parte dei combattimenti risulta a volte ancora troppo meccanica e finta.

Film forse un po' troppo lungo, con un finale che tende a non arrivare mai: il regista porta all'estremo la caccia alla tigre da parte dell'esercito giapponese, che dovrà arrendersi di fronte alle difficoltà atmosferiche, mentre il rapporto tra Chon Man-deok e il "Signore della montagna" si risolve in una lotta conclusiva che vede i due precipitare in un baratro e morire fianco a fianco, simbolicamente accomunati nel destino e nella vita.

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