Quando Hana ha otto anni, sua madre viene accusata di aver avvelenato le granite del suo chiosco aggiungendo dei pesticidi e arrestata durante una fiera. Lei ha in mano un pesciolino rosso che ha appena vinto a uno dei banchetti, e stringe il sacchetto mentre saluta per l’ultima volta la mamma. Hana viene poi portata in una piccola casa-famiglia, dove cresce insieme ad altri bambini e dove rimane fino ai diciotto anni, diventando la “sorella maggiore” di tutti gli altri e aiutando i suoi tutori nelle faccende domestiche. In una boccia, nell’ingresso della casa, c’è un pesce rosso.
All’inizio del film Hana, ormai quasi una giovane adulta, è sospesa fra l’infanzia, un periodo segnato dall’arresto della madre e dall’abbandono, e il futuro, che le appare ancora incerto e poco definito. Indecisa su quale strada intraprendere, sembra voler rimandare il più possibile l’ingresso nell’età adulta.
È in questo momento di confusione e smarrimento che una nuova bambina arriva nella casa-famiglia: Harumi, che si nasconde dietro un grande pupazzo di peluche regalatole dalla madre e si protegge con un muro di silenzio che sembra invalicabile. La bambina cattura immediatamente l’attenzione di Hana, che inizia a prendersi cura di lei e a cercare di conoscerla.
Dopo un inizio incerto, il rapporto fra le due si fa sempre più stretto e profondo, e Hana diventa una figura di riferimento per la piccola. È proprio lei che alla fine scopre per prima che Harumi è stata tolta ai genitori perché veniva picchiata e maltrattata, e che cerca a tutti i costi di impedire che torni in quella casa.
Questo nuovo legame fra le due diventa la molla propulsiva che spinge Hana a lasciarsi alle spalle il passato, a lasciare andare la bambina di otto anni abbandonata e ancora legata a una madre che non vedrà più, e a incamminarsi verso il futuro.
Sono diversi i leitmotiv che ritornano quasi ossessivamente: i pesci rossi, prigionieri di una boccia di vetro dalla quale osservano il mondo, il Notturno n.2 di Chopin, legato a uno degli ultimi ricordi che Hana ha della madre, la fiaba della Sirenetta, anch’essa una storia di trasformazione, cambiamento, e sacrificio.
The Goldfish ci racconta un modello diverso di famiglia, in cui sono i legami affettivi a prevalere su quelli di sangue. Il percorso di crescita di Hana e Harumi, il loro lasciarsi alle spalle un passato traumatico legato ai genitori, si inserisce a tutti gli effetti in quella che è una decostruzione dell’idea di famiglia ‘tradizionale’ in Giappone. Un filone non certo nuovo, ma che continua ad arricchirsi di nuove prospettive e nuovi punti di vista.
La crisi della famiglia ‘tradizionale’ e nucleare è un fenomeno iniziato ormai molti anni fa, ma, nonostante ciò, non sempre questi modelli alternativi sono accettati dal resto della società. In The Goldfish il tema viene accennato esplicitamente in una sola scena in cui Hana viene chiamata “pazza” o “strana” dalle sue compagne di classe, ma non viene approfondito, né viene fatto alcun successivo riferimento a questo episodio.
Nonostante taluni aspetti e dettagli della trama siano solo abbozzati ma mai veramente esplorati, il ritmo dolce e nostalgico di The Goldfish ci accompagna alla scoperta delle storie delle due protagoniste. Gli splendidi paesaggi naturali del Kyūshū, le sue foreste e le sue spiagge, aiutano a creare un’atmosfera quasi magica, lontana dai ritmi frenetici della metropoli spersonalizzante.