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DARK SOULS: un capolavoro di Hidetaka Miyazaki

25 Febbraio 2015
Antonio Malafronte

Nella mia lunga carriera videoludica, sono sempre stato colpito dall’abilità dei game designer giapponesi nel creare opere capaci di restare impresse nella memoria e suscitare grandi emozioni. Mikami (Resident Evil), Sakaguchi (Final Fantasy), Miyamoto (Super Mario), e molti altri hanno saputo sfruttare al massimo la loro inventiva per portare al grande pubblico capolavori che difficilmente verranno dimenticati.

Recentemente, un altro studio di sviluppatori è salito alla ribalta mondiale: From Software. Fondata nel 1986 a Tokyo, From è diventata famosa dopo l’uscita del suo capolavoro, Dark Souls, un GDR (Gioco di Ruolo) con elementi action. In Dark Souls, il giocatore veste i panni di un non-morto, scaraventato senza un apparente motivo in un antico reame di stampo fantasy medioevale (Lordran) pieno di pericoli e senza uno straccio di aiuto. Il nostro eroe scoprirà ben presto che una terribile maledizione ha trasformato tutti gli abitanti di Lordran in esseri vuoti, perennemente alla ricerca di umani a cui rubare l’anima. Dark Souls non offre solo una grande esperienza single player, ma anche un innovativo comparto multiplayer online. Grazie a delle speciali pietre infatti, il giocatore può decidere di comunicare con altri non morti del suo stesso livello, collaborando con loro oppure invadendo il loro mondo per ucciderli e rubare la loro anima.

I punti di forza di questo videogioco sono tre: il modo in cui la storia viene raccontata, il livello di sfida e come è costruito il mondo di gioco. La trama non viene narrata come nei classici videogiochi, cioè attraverso cutscenes (filmati più o meno lunghi che spiegano i vari avvenimenti). In Dark Souls sta al giocatore indagare ed esplorare in lungo e in largo, parlare con tutti i personaggi amichevoli, leggere a fondo tutte le descrizioni di armi, magie e oggetti. Così facendo, si avrà accesso a una serie di informazioni che permetteranno al giocatore di capire cosa sta succedendo a Lordran e quale sia il suo ruolo. C’è da dire che anche esplorando tutto l’esplorabile, il gioco richiede una buona dose di interpretazione e riflessione. Tuttora, a due anni dall’uscita del gioco, ci sono interrogativi ancora senza risposta che generano dibattiti all’interno della community (interrogativi a cui il creatore del gioco, Hidetaka Miyazaki, si diverte a non fornire risposta).

Il livello di sfida è un’altra punta di diamante di questo videogioco. A differenza di molte opere recenti, Dark Souls si rifiuta di guidare il giocatore passo passo attraverso tutorial e suggerimenti. All’inizio ciò comporterà una sensazione di smarrimento e di impotenza (nonché molteplici insulti e lancio di qualsiasi cosa si abbia a tiro), ma alla lunga il giocatore si sentirà ricompensato per tutti gli sforzi fatti.

Il vero fiore all’occhiello di Dark Souls è però il game design, che raggiunge livelli altissimi facendo sfigurare moltissimi videogiochi ritenuti dei capolavori. Non soltanto ogni area denota un’accuratissima pianificazione, ma il fatto di essere un gioco open world (il giocatore può andare dove gli pare) ha permesso a Miyazaki di scatenarsi e di concatenare le aree tra di loro ottenendo un mondo gigantesco. Il nostro povero non-morto non può fare a meno di sentirsi completamente perso e impotente a Lordran.

In conclusione, Dark Souls si conferma un prodotto geniale e ben curato, con una community ancora molto attiva dopo due anni. Se ci non avete ancora giocato correte a comprarlo e Prepare to Die!

 

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