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NipPop x FEFF27: “The Snow Woman”

5 Maggio 2025
NipPop Staff

“Si dice che una sera, durante una violenta tempesta, lo spirito della neve si trasformò nella terribile Strega delle Nevi e cominciò a vagare per le montagne e le pianure. Se un uomo per caso l’avesse vista, la Donna delle Nevi ne avrebbe subito preso possesso”. Questo l’incipit di The Snow Woman di Tanaka Tokuzō, classico J-horror del 1968, rimasterizzato e proiettato in occasione della ventisettesima edizione del Far East Film Festival a Udine all’interno della retrospettiva yōkai. Bastano queste prime frasi e istantaneamente si ritorna a essere bambini che ascoltano una favola della buonanotte, ma il film non risparmia tematiche adatte a un pubblico adulto: un dramma horror che gioca sull’angoscia e sulle visual del genere senza essere cruento, puntando piuttosto al pathos.

The Snow Woman – titolo originale Kaidan Yukijorō  怪談雪女郎 (“La storia di fantasmi della donna delle nevi”) – affonda le sue radici nel folklore giapponese e precisamente nella versione della famosa leggenda proposta da Lafcadio Hearn nella raccolta del 1904 Kwaidan. Il suo regista è Tanaka Tokuzō (1920-2007), un grande autore televisivo, che ha esordito sul grande schermo dal 1958 con pellicole di genere come Bakeneko Goyōda e intere saghe come la Bad Reputation (1961-66), tre film della serie Zatoichi (1963-1966) e la serie Hoodlum Soldier (1965-1968).

La pellicola si apre con una tempesta di neve, evocando immediatamente nello spettatore la sensazione di gelo tipica del mistero. Spicca nell’oscurità della notte una figura più bianca della neve stessa: la yukionna. Sembra fluttuare con grazia tra i monti, fornendo una guida all’interno del violento turbinio di vento e neve. La macchina da presa spinge lo sguardo dello spettatore a spostarsi verso le vette più lontane, ed è lì che si scorge l’altro protagonista: Yosaku (Ishihama Akira) intento a scalare la montagna con il suo mentore in cerca del legno perfetto per realizzare una scultura della dea Kannon. 

Con non poca difficoltà, i due trovano finalmente l’albero ideale, ma la tempesta si infittisce e decidono di ripararsi in una capanna e lasciarsi cullare da un fuoco appena acceso. È un calore di breve durata: si fa sempre più vicino un suono a metà tra la voce di un fantasma ed il canto di una sirena ammaliatrice, e con esso giunge anche il gelo. 

Colei che inizialmente era una misteriosa figura bianca mostra ora il suo volto candido, i capelli neri e gli occhi profondi, che si illuminano di giallo acceso quando rivela la sua vera natura. Una presenza minacciosa, eppure conserva un tratto di delicatezza. Con un solo tocco la Donna delle Nevi (Fujimura Shiho) congela completamente il maestro,  poi scruta l’apprendista, in un intenso scambio di sguardi che non ha bisogno di dialoghi. Con l’abile uso da parte del regista del campo e controcampo e grazie alla azzeccata scelta musicale è evidente la tensione tra i due. 

Colpita dall’avvenenza del giovane, la donna decide di risparmiarlo, una scelta che risulta inizialmente inaspettata da parte di un personaggio tipicamente malvagio, ma la sua natura diffidente riemerge nel momento in cui gli fa promettere di non raccontare mai ad anima viva l’accaduto, nemmeno se dovessero essere la moglie o un figlio a interrogarlo: in caso contrario sarebbe andato incontro allo stesso fato del suo mentore. I chiaroscuri drammatici, il contrasto fra freddo e caldo, dolcezza e distanza frutto della maestria tecnica della fotografia di Makiura Chikashi, accompagnano lo spettatore in un crescendo di tensione per tutto il film.

La vita di Yosaku sembra proseguire indisturbata, finché mantiene fede alla promessa fatta. In un giorno non più di neve ma di pioggia si ripara sotto al tetto di casa sua una bellissima donna, il suo nome è Oyuki (Yuki 雪 significa “neve” in giapponese). La madre di Yosaku la invita a entrare per ripararsi, e questa si rivela una donna gentile e premurosa: offre le sue cure all’anziana signora e si interessa della scultura di lui. La donna è una figura accogliente e generosa, ma nasconde un segreto: è proprio lei lo spirito di anni addietro. Come racconta la leggenda tramandata da sempre, i due decidono in seguito di sposarsi e di avere un bambino, Tarō, e vivono felici.

La storia tuttavia inizia a discostarsi dalla tradizione quando entra in scena un nuovo personaggio, Gyokei (Suzuki Mizuho) una figura che si rende antipatica al pubblico sin da subito: lo vediamo la prima volta intento a punire un gruppetto di bambini che incolpa di averlo fatto cadere da cavallo, per poi accanirsi sull’anziana signora che tenta di aiutarli. Dopo di che decide di voler scolpire la statua al posto di Yosaku. Insomma, è il tipico nobile prepotente creato a pennello per impersonare il polo negativo, l’avversario, il nemico. 

In questa versione della storia quindi il cattivo non è più un mostro nato dalla fantasia o un fantasma uscito dalle storie per bambini, ma una figura reale. Si tratta dell’uomo all’apice del sistema delle classi sociali in cui Yosaku vive, colui che sin dall’inizio del film abbiamo visto calpestare i più deboli con prepotenza. Al contrario la yukionna incarna un nuovo tipo di personaggio, che utilizza i suoi poteri per fare del bene: riesce, sempre grazie ai suoi poteri, a curare la febbre di un bambino di nobili natali e, grazie alla ricompensa ricevuta, è capace di liberarsi con le sue sole forze dalla pressione esercitata da Gyokei. Come una vera eroina moderna punisce il malvagio, raggelandolo a morte quando lui tenta una violenza sessuale. 

Tanaka Tokuzō non elimina completamente la spietatezza del fantasma della Yuki Onna, ma decide di mostrarne un lato umano. La trasforma da semplice mostro bidimensionale a una donna dal passato turbolento. Le mille sfaccettature psicologiche sono evidenti nel finale, quando decide di risparmiare la vita al marito pur avendo infranto la loro promessa e si trova a dover abbandonare il figlio non senza lasciar scendere le lacrime sulle guance bianche. 

Fujimura Shiho, l’attrice che interpreta Yuki, si presta perfettamente a questo ruolo, svolge un lavoro incredibile nell’alternanza tra sguardi gelidi e atteggiamenti calorosi e materni.  Anche nel silenzio, i suoi occhi rivelano una serie di emozioni profonde. La sua controparte maschile, Ishihama Akira, è in netto contrasto, non è tagliente come lei, ha un viso innocente e ispira fiducia in chi lo guarda. Insieme riescono a creare la sintesi perfetta della coppia che si immagina leggendo le parole di Hearn o ascoltando da una qualsiasi nonna giapponese questa storia tramandata da generazioni. Tanaka Tokuzō è riuscito con questo film a dare vita ad una versione stratificata ed umana di una semplice storia di fantasmi.

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