C’è chi nasce con grandi talenti innati e chi, invece, deve costruirsi piano piano un’identità e scoprire le proprie capacità, la propria unicità e il proprio posto nel mondo. See You Tomorrow (Honamata ashita ほなまた明日) diretto da Michimoto Saki è un film che non grida, ma osserva e racconta in silenzio il peso del talento, la solitudine dell’eccellenza e le crepe invisibili ma profonde che si aprono tra gli amici quando uno di loro sembra avere davanti a sé una strada più agevole. Attraverso lo sguardo imperturbabile di Nao e le reazioni di chi le sta intorno, la pellicola non solo racconta la distanza che si crea tra chi riesce a seguire una direzione precisa e chi, al contrario, resta fermo, sospeso tra il desiderio di riuscire e la paura di fallire, ma mette in scena anche un ritratto delicato e struggente della giovinezza, faticosa e incerta.
La pellicola racconta i vagabondaggi quotidiani per Osaka di Soma Nao, una giovane studentessa di fotografia di strada e le sue relazioni con i compagni di corso Yamada, Sayo e Tada. La ragazza vive dietro l’obiettivo della sua macchina fotografica e tutti riconoscono, con una certa invidia, il suo talento innato. Gli amici e il professore Kitano sanno che è destinata a una grande carriera e nel corso della storia si avverte il loro distacco emotivo e le loro insicurezze venire a galla.
Dalla stessa scuola di cinema giapponese da cui è nato anche il sovversivo One Cut of the Dead di Ueda Shin’ichirō, See You Tomorrow è al contrario un film fotografico, lento, fatto di sguardi e silenzi. I soggetti sono presenti, agiscono con determinazione, ma tutto ciò che li circonda e le motivazioni che li spingono a prendere le loro decisioni restano sfocati: rimangono fuori campo, al di là dello schermo. Conosciamo i volti, le reazioni, ma non fino in fondo i sentimenti che accompagnano i personaggi nelle loro vicende – l’invidia, la gelosia, l’impotenza di fronte al futuro, l’incertezza delle scelte e la paura di rischiare, di mettersi in gioco.
L’unica certezza presente dal primo minuto del film è il talento fotografico di Nao, limpido eppure nascosto, luminoso come la luce del sole. È come se tutti, anche lo spettatore, dessero per scontato che lei sia destinata a qualcosa di grande, a realizzarsi fino in fondo. Ma non è così per chi le sta attorno: un’ indecisione e un’ incertezza esistenziale dominano l’atmosfera del film.
Sayo, conscia di non possedere quel dono tanto naturale quanto fastidioso di Nao, riesce a emanciparsi dal senso di inferiorità nei suoi confronti e cerca un proprio spazio nel mondo, un percorso che la valorizzi. Anche Tada, inizialmente affascinato dalla figura quasi divina di Nao, che ammira e interroga, finirà per intraprendere una strada personale, rilevando lo studio fotografico del padre.
Nemmeno il professore è immune al fascino e forse a una sottile invidia per il talento di Nao. Riconosce la portata delle sue capacità, comprende che Berlino può rappresentare l’inizio di una carriera promettente per diventare una fotografa affermata. E pur restando nel suo ruolo di “semplice” insegnante, la guida verso quel traguardo.
Yamada, invece, è consapevole della differenza, a parer suo abissale, fra il suo talento e quello di Nao e vive nella sua ombra, tormentato dal confronto costante. È proprio lui la persona che più di tutti ne risente: il talento di Nao lo schiaccia, lo affascina e al tempo stesso lo paralizza. Sprofonda in una spirale di autocritica che lo porta a isolarsi, incapace persino di affrontare un nuovo incontro con lei dopo il suo ritorno da Berlino. Perché rivederla significherebbe affrontare se stesso, le proprie insicurezze e il timore più grande: quello di fallire e di non riuscire a realizzarsi.
Tutto gravita intorno al talento di Nao: un dono che a tratti sembra quasi infastidire, non per arroganza o presunzione, atteggiamenti lontani anni luce da lei, ma per la naturalezza, la spontaneità. Per questo motivo, paradossalmente, Nao non è la vera protagonista della storia, non cambia, non affronta avversità particolari. La sua bravura rimane statica, i suoi desideri sono chiari, al contrario di quelli dei suoi compagni. Forse i veri protagonisti sono i suoi amici, che rappresentano ciascuno un modo diverso di reagire di fronte a qualcosa o qualcuno che ci supera. Anche quando lei li sostiene, si congratula e li incoraggia, resta nell’aria una tensione sottile, un’inquietudine che li lega tutti a lei.
Si arriva al punto in cui quasi si vorrebbe che Nao chiedesse scusa: per la sua freddezza, per la distanza che mette tra sé e gli altri. Ma quel desiderio nasce da una frustrazione più profonda, da una rabbia silenziosa verso chi, semplicemente, sembra avere una strada più chiara e più facile da seguire.
See You Tomorrow non sembrerebbe, quindi, solo il ritratto di una giovane artista destinata al successo, ma un racconto corale e allo stesso tempo personale di chi le sta attorno e fatica a trovare un proprio spazio in un mondo che sembra riservare i riflettori a pochi. Il vero protagonista non è chi arriva lontano, ma chi resta a fare i conti con ciò che non è riuscito a diventare.
Non ci sono né risposte né soluzioni facili: solo una profonda accettazione di quello che si è e delle nostre capacità, che per quanto possano essere diverse, appartengono solo a noi stessi. Viene messo a fuoco ciò che accade ai margini, nei silenzi, nei piccoli gesti di chi resta indietro, incerto, a osservare. È un’opera che parla più di chi guarda che di chi viene guardato, più del confronto che dell’affermazione. La regia asciutta e il ritmo contemplativo lasciano spazio a un’introspezione rarefatta, in cui ognuno può ritrovare una parte di sé: l’invidia che non si vuole ammettere, il desiderio di essere visti, il timore di non essere abbastanza. In questo senso, la storia di Nao è solo un pretesto: il vero cuore del film batte nei vuoti che lascia attorno a sé.