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NipPop x FEFF24: “Popuran”

24 Maggio 2022
Lisa Stivè

E se un giorno ti svegliassi e scoprissi di non avere più il pene? Questa l'esilarante (e drammatica!) vicenda di Tagami Akira, protagonista del nuovo attesissimo film di Ueda Shin'ichirо̄ e presentato al Far East Film Festival 2022!

Dopo l'enorme e inaspettato successo di Kamera wo tomeru na! (Zombie contro zombie in italiano), Ueda torna quattro anni dopo al FEFF con una surreale e minimalista commedia sulle responsabilità personali e il contrappasso delle nostre azioni, facendoci riflettere, nei modi rocamboleschi a cui ci ha abituato nel suo capolavoro zombie, su una domanda fondamentale: cosa siamo disposti a fare per recuperare ciò che abbiamo perso? E fino a dove siamo disposti a spingerci pur di rimediare al passato?

Tagami Akira (interpretato da Minagawa Yoji, al suo secondo film proiettato al Far East Film Festival dopo Melancholic) sembra avere tutto: è giovane e di bell'aspetto, ha sviluppato un app per la lettura di manga che lo ha portato al successo, e passa le sue giornate nel lussuoso ufficio della sua compagnia con vista sulla skyline di Tokyo. Le donne non gli mancano e ha sempre al suo fianco una giovane assistente in grado di soddisfare ogni suo capriccio sul lavoro. Ma naturalmente non è tutto oro ciò che luccica: il suo atteggiamento affabile nasconde una profonda arroganza e una superficialità tale da portarlo a credere di poter usare chiunque e qualunque cosa per assecondare i propri capricci. Tagami ha infatti costruito il proprio successo alle spalle del suo ex socio, di cui non condivideva la visione e che riteneva infantile per le sue aspirazioni creative; e ha abbandonato i propri genitori e la figlia avuta dal precedente matrimonio per godersi la bella vita da scapolo nella capitale.

Ma è proprio a questo punto che le sue pene hanno inizio: dopo una notte passata con l'ingenua assistente di un cliente, Tagami si risveglia con un cospicuo buco nel vetro della camera e un grande assente: il suo pene.

Parallelamente, mentre Tagami (e i suoi dottori) brancolano nel buio, Tokyo è invasa da uno stranissimo e bizzarro fenomeno: oggetti volanti non ben identificati sfrecciano nello spazio aereo della capitale a velocità supersonica, seminando il panico tra i cittadini.

La svolta arriva quando Tagami, novello Alice perso nel Paese delle Meraviglie, segue il coniglio bianco nella sua tana (o molto più concretamente, scopre un QR Code nei bagni pubblici) e scopre nei sotterranei della capitale l'Associazione Popuran (Popuran no kai), una misteriosa associazione underground che sembra sapere molto più di quanto voglia mostrare sulle misteriose sparizioni dei genitali. Il surreale e il demenziale si mescolano nella reazione incredula di Tagami (e anche degli spettatori): i misteriosi oggetti volanti di Tokyo non sono altro che veri e propri falli volanti, che in virtù di una propria improvvisa libertà d'azione hanno volontariamente scelto di abbandonare il proprio padrone e letteralmente spiccare il volo. La diagnosi è infausta: se il pene (o popuran, come viene chiamato nel film)non viene ritrovato entro sei giorni morirà e il proprietario dovrà rassegnarsi a vivere una vita senza di esso.

Armato di uno speciale retino cattura-popuran, Tagami scopre così che per poter rintracciare il proprio fallo deve — a malincuore — compiere un consapevole percorso a ritroso, verso i luoghi del passato con cui ha rotto ogni legame, spesso senza una vera e propria risoluzione e spinto solo ed esclusivamente dal proprio ego. È così costretto a far visita al proprio ex-socio, l'amico di un tempo che riteneva infantile e poco lungimirante per via del suo desiderio di pubblicare manga originali; alla ex moglie, ormai felicemente sposata con un altro uomo; ai genitori, nella casa natale dove i due anziani hanno preservato per lui ogni cosa come l'aveva lasciata. Il viaggio, inframezzato dalle saltuarie e fulminanti apparizioni dei popuran, metterà Tagami di fronte a tutti i propri difetti e alle scelte sbagliate che ha compiuto, fino alla prevedibile risoluzione finale: con l'aiuto del padre, rotto ormai il silenzio e la freddezza che caratterizzava il loro rapporto, l'uomo riuscirà a recuperare il proprio popuran proprio alla soglia dello scadere dei sei giorni. Tutto è bene ciò che finisce bene: nella scena finale, il nostro protagonista rientra a Tokyo e dimostra di aver imparato la lezione, mostrandosi disponibile e benevolo verso il suo staff.

A prescindere dal pretesto narrativo, Popuran è una commedia leggera e simpatica, lontana da quella sovversione dei generi e dal metacinema che aveva stregato il pubblico in Zombie contro zombie ma comunque con un suo gusto per la volontà di sorprendere e provocare, come afferma il critico Mark Schilling paragonando la trama del film a Pokemon Go e ai rocamboleschi tentativi di acchiappare i mostriciattoli elettronici. Il film gioca in maniera spudorata e scorretta con una serie di ambigui doppi sensi, spiazzando lo spettatore con scene ai limiti dell'osceno. Sebbene confezionata in una prevedibile e rassicurante trama di redenzione morale, la pellicola di Ueda mette al centro della narrazione l'organo sessuale maschile, rendendo un elemento del privato potentemente pubblico. Gli stessi personaggi del film si trovano a disagio nell'affrontare questo 'problema': a partire dai medici, che non sanno raccapezzarsi, fino alle vittime, che arrivano a simulare il funzionamento dell’organo perduto tramite protesi artificiali per poter avere una sembianza di normalità, tutti sembrano impotenti di fronte a questo inspiegabile avvenimento. È significativo come gli unici non toccati dal disagio e dall'imbarazzo della situazione sono i bambini stessi, che vedono gli "skyfish" (come vengono ingenuamente chiamati i misteriosi oggetti volanti) come un'altra leggenda metropolitana con la curiosità e l'innocenza propria della loro età.

Concentrandosi sulla vicenda personale di Tagami, il regista sceglie di sorvolare sui potenziali aspetti di critica socioculturale offerti dai falli volanti, alimentando così il mistero legato all'oscura Associazione Popuran e alla sorte di coloro che allo scadere dei sei giorni non sono riusciti a mettere le mani sul proprio popuran. Perché in fondo, cosa significherebbe per noi, società fallocentrica, se improvvisamente tutti i falli abbandonassero i propri padroni e iniziassero a volare indiscriminatamente per le nostre città? Basterebbe un pentimento morale per tornare a essere 'interi'? Perdere i propri genitali è sinonimo di fallimento nella società e nei rapporti interpersonali, senza possibilità di redenzione? E ancora: è così imbarazzante vivere senza? Forse il nuovo film di Ueda non risponde a queste domande, evitando di addentrarsi nello scomodo territorio della critica sociale. Nonostante ciò, Popuran rimane una commedia oltre le righe e, perché no, 'nobilita' elementi al limite della censura, confermando il gusto dell'autore per tutto ciò che è fuori dagli schemi.

 

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