Su una piccola isola del mare di Seto, un ufficio postale raccoglie tutta quella corrispondenza i cui destinatari non hanno un vero indirizzo. È dell’isola di Awashima che stiamo parlando, ed è proprio all’ufficio postale alla deriva lì situato che Risa si recherà, con l’obiettivo di catalogare tutte le lettere che questo custodisce ma anche, in segreto, nella speranza di trovare delle parole a lei indirizzate, delle parole che possano finalmente darle pace.
Tutti gli indirizzi perduti è uno degli ultimi romanzi di Laura Imai Messina, autrice italiana che ormai da diversi anni vive in Giappone. Il libro è stato pubblicato nell’ottobre 2024, e NipPop ha avuto il piacere di partecipare alla sua presentazione tenutasi a Bologna a novembre nella splendida cornice della Piazza Coperta della Biblioteca Sala Borsa. Con un linguaggio quasi poetico e un racconto estremamente umano, Laura Imai Messina ci trasporta in una dimensione di quotidianità intrecciata a profondi sentimenti.
Risa è una giovane ricercatrice universitaria, che sbarca sull’isola di Awashima con una missione ambiziosa: quella di riordinare e catalogare tutte le lettere giunte all’ufficio postale alla deriva, il vecchio ufficio postale dell’isola. Ciò che rende speciale la corrispondenza che arriva a quest’ultimo è il fatto che i destinatari di queste lettere sono persone – o cose – che non hanno un vero indirizzo. C’è chi scrive alla madre o al figlio defunti, chi a degli estranei mai più incontrati; ma c’è anche chi scrive al proprio giocattolo perduto, chi al primo bacio che non arriva e chi addirittura all’inventore dell’asciugacapelli.
Tutti questi mittenti sono accomunati dal loro bisogno di mettere per iscritto delle emozioni, dei sentimenti, dei pensieri che in un qualche modo devono far giungere al destinatario, nonostante questo non possa veramente ricevere le parole a loro rivolte. Tuttavia, vi è anche qualcos’altro che li accomuna agli occhi di Risa: ovvero il fatto che per lei sono tutti estranei.
Il concetto di estraneità è centrale all’interno del romanzo, e l’autrice stessa, nella nota finale, parla di quanto sia stato fondamentale per lei capire l’importanza che gli estranei hanno nella nostra esistenza. Anche Risa si rende conto di quanto questa dimensione sia preziosa: è sì vero che ciò le permette di ricostruire solo una piccola parte della vita di chi scrive, ma questo le lascia anche lo spazio di vederli meglio, con più chiarezza.
Il rispetto di Risa per gli sconosciuti nasce sicuramente dal padre, che è un postino a Kamakura. Egli conosce tutte le strade, tutti gli indirizzi e gli angoli della città, e attraverso il suo lavoro conosce anche parte delle vite dei cittadini. Nonostante questi rimangano per lui sempre e comunque degli sconosciuti, ciò non gli impedisce di provare affetto nei loro confronti, come lui stesso raccontava a Risa quando lei era ancora bambina.
Risa ha un legame molto forte e molto profondo con il padre, che si è preso cura di lei con amore e che le ha insegnato la dedizione e la tenacia, oltre che ad averle trasmesso la passione per le lettere. Diversamente, invece, il rapporto di Risa con la madre è molto più complesso. Incostante, spesso persa nei suoi pensieri e non in grado di prendersi cura della figlia, la madre di Risa le ha lasciato un’eredità di consigli e riflessioni che, solo una volta cresciuta, Risa riconoscerà come di valore – anche se avrà comunque bisogno di tempo per comprenderla a pieno e accettarla, soprattutto perché è proprio questa relazione complicata a essere la causa dei suoi maggiori blocchi emotivi.
A fare da filo conduttore a tutto quanto il racconto, si potrebbe dire, sono proprio le relazioni della ragazza. Non solo quelle con i suoi genitori e gli estranei, ma anche quelle con gli abitanti di Awashima, quella con Sayaka (la sua migliore amica) e, soprattutto, quella con sé stessa. Risa, infatti, è anche alla ricerca di risposte, di parole a lei indirizzate che spera di trovare tra le lettere custodite dall’ufficio postale alla deriva.
È qui che si inserisce con estrema delicatezza il tema della salute mentale, perché Risa è tormentata da paure che le impediscono di vivere a pieno, di lasciarsi andare e di legarsi alle persone con cui potrebbe costruire un futuro. È proprio nel momento in cui nasce qualcosa di più con Takuto, uno degli isolani, che si farà infatti più urgente il bisogno della ragazza di scoprire la verità su ciò che la tormenta. L’unico modo per superare la sua paura sarà quello di darle spazio e affrontarla, invece che cercare di reprimerla come ha sempre fatto.
Un’altra cosa da cui Risa rimane spesso turbata sono i suoi stessi sogni, alcuni dei quali ritornano con insistenza e che le trasmettono un senso di inquietudine. Molti sono legati alla sua infanzia, all’atmosfera che viveva in casa da bambina; altri sono invece più legati al presente – come quello che è poi rappresentato nella copertina del libro stesso, ovvero i pesciolini-lettera che Risa sogna la sua prima notte ad Awashima.
Il romanzo è suddiviso in trenta capitoli, inframmezzati a intervalli regolari da delle lettere, selezionate tra quelle che Risa legge nell’ufficio postale alla deriva. Imai Messina riesce a creare con grande sensibilità una varietà di vite e di esperienze diverse, tutte in qualche modo unite dalla vulnerabilità dei sentimenti espressi. Una in particolare, letta dall’autrice stessa alla presentazione del libro a Bologna, ci avvicina a un’altra riflessione molto importante che emerge nel libro: quella sulle parole.
Nella lettera in questione, una donna che sta per diventare madre scrive a sé stessa un promemoria di fare attenzione alle parole che utilizza e che utilizzerà con sua figlia. Questo perché le parole hanno il potere di influenzare la nostra vita, e lei vuole poter essere la persona che porta gioia in quella della sua bambina. Le parole hanno anche altri poteri: racchiudono emozioni, sentimenti; sono in grado di creare sfumature diverse, motivo per cui è importante sceglierle con cura; sono inoltre dei contenitori, i quali sotto la loro definizione accolgono talvolta personalità ed esperienze così diverse da lasciare sorpresi, come nel caso della parola ‘madre’. È anche interessante come, in alcuni casi, le parole vengono sostituite dal silenzio, un silenzio che è in grado di trasmettere lo stesso messaggio.
Non solo le lettere, dunque, ma anche le parole si trovano al cuore della storia. Il ritmo di quest’ultima si farà più incalzante tanto più Risa sentirà il bisogno di trovare quelle a lei destinate, ma il lettore rimarrà coinvolto dalla lettura anche dopo aver superato il climax. L’atmosfera che l’autrice è in grado di creare, infatti, diventerà familiare, e verrà forse spontaneo desiderare che un posto come l’ufficio postale alla deriva esista davvero. La buona notizia è che l’isola di Awashima è un’isola reale, così come realmente vi esiste un ufficio postale che raccoglie tutte le lettere dai destinatari irraggiungibili.
Inizialmente, questo libro potrà forse trasmettere un velato senso di malinconia o inquietudine; tuttavia, mano a mano che il racconto si sviluppa e che il lettore conosce più in profondità Risa, si ritroverà a poter empatizzare e magari persino a sentire un’affinità con lei. Perché, in fondo, anche Risa potrebbe essere una di quegli estranei con i quali abbiamo più in comune di quanto possiamo immaginare.