Murakami Haruki in abiti casual e circondato dalle vigne piemontesi: sono queste le prime immagini che la Fondazione Bottari Lattes ha diffuso dello scrittore giapponese vivente più conosciuto e tradotto, arrivato in Italia, nella città di Alba, per ritirare il prestigioso Premio Lattes Grinzane, sezione La Quercia.
Il riconoscimento è assegnato agli autori che nel tempo hanno conquistato ampio consenso da parte della critica e del pubblico internazionale, e Murakami Haruki è senza dubbio riuscito nella difficile impresa: tra le motivazioni dell’assegnazione figura infatti la sua capacità di aver saputo avvicinare la cultura giapponese all’occidente e l’“avere acceso molti falò”, riprendendo le ultime parole del presidente della giuria tecnica Gian Luigi Beccaria. Il riferimento del linguista e critico va alla lectio magistralis che Murakami Haruki ha tenuto venerdì 11 ottobre 2019 prima di ricevere di persona il premio, un evento gratuito ma con posti riservati che ha registrato il tutto esaurito a pochi minuti dall’apertura delle prenotazioni.
Fondazione Bottari Lattes – foto Murialdo
In questo modo, tra i lunghi applausi dei fortunati presenti distribuiti su due sale, Murakami Haruki è stato accolto sul palco del Teatro Sociale Giorgio Busca di Alba e ha recitato il testo della lectio intitolato Un piccolo falò nella caverna, tradotto in italiano da Antonietta Pastore, la sua voce italiana in sedici dei ventitré romanzi pubblicati nel nostro paese – l’altra appartiene a Giorgio Amitrano. Al termine della lectio ha quindi ricevuto la targa del premio e un omaggio del territorio: bottiglie di vino. Vino che Murakami Haruki apprezza molto, come ha ribadito lui stesso quando ha raccontato di aver vissuto a Roma per circa due anni ormai diverso tempo fa, nel periodo in cui ha cominciato a scrivere Norwegian Wood e Dance, dance, dance.
Fondazione Bottari Lattes – foto Murialdo
NipPop: Cara Antonietta, sappiamo che con Murakami eravate già entrati in contatto in occasione della tua vittoria del premio Noma, nel 2017, ma come è stato incontrare di persona l’autore che hai tradotto per anni, di cui sei la principale voce italiana?
Antonietta Pastore: È stata un’emozione fortissima. Sono riuscita a incontrarlo pochi minuti prima dell’inizio della cerimonia e anche il giorno successivo, in albergo, con maggiore calma. Si è dimostrato molto affabile e affettuoso nei miei confronti. Insieme a lui c’era la moglie, e anche lei è stata davvero dolce con me. A lui ho portato una copia del mio libro La mia amata Yuriko (Einaudi, 2016), che è stato di recente tradotto in giapponese con il titolo Saigo no tegami (“L’ultima lettera”, trad. giapp. di Sekiguchi Eiko e Yokoyama Chisato, Aki shobō, 2019): ha voluto che gli firmassi la copia, e con un grosso sorriso mi ha detto che lo avrebbe letto. La moglie invece è rimasta molto incuriosita da una penna che avevo con me, una penna per scrittura su tablet munita di torcia: quando gliel’ho regalata è rimasta molto contenta e ha accettato di buon grado.
NipPop: Circondato dalla doppia platea del teatro di Alba, Murakami ha recitato il testo della lectio magistralis da te tradotta. Ha parlato del suo stile creativo, di come non pensi in anticipo una storia ben delineata e di come non abbia mai presente il finale quando comincia a scrivere un racconto. Come si sviluppa invece il tuo processo traduttivo? Leggi in anticipo tutto il testo per sapere a che cosa andrai incontro oppure preferisci leggere mentre traduci, scoprendo di volta in volta l’evoluzione della storia?
A.P.: Mi sembra che leggendo prima il romanzo ci metterei più tempo a leggere che a tradurre, un conto è con un autore che non conosco, ma se lo conosco… Anche se, a ben pensarci, ora traduco solo autori che conosco bene. Di Murakami Haruki per esempio riesco già a immaginare come finiranno le frasi, il suo stile è semplice e lineare, ci sono abituata. E anche per questa ragione ho il piacere di leggere il testo mentre lo traduco, anche per sentirmi stimolata di volta in volta nel lavoro di traduzione: voglio andare avanti per sapere come continuerà la storia.
NipPop: È stato davvero emozionante avere Murakami Haruki in Italia: la sua riservatezza è ben nota al pubblico, e immaginiamo che tu abbia contribuito in maniera decisiva per portarlo nel nostro territorio. Qual è stato il tuo impegno dietro le quinte, in che modo hai partecipato al suo arrivo in Italia?
A.P.: In effetti, ho preso i primi contatti con lui a dicembre dello scorso anno. Quando mi hanno contattata per informarmi della premiazione, ho scritto al suo ufficio sottolineando non soltanto l’importanza culturale del riconoscimento in questione, ma anche la particolarità del territorio delle Langhe, dell’esperienza turistica ed enogastronomica in Piemonte che avrebbe fatto parte del premio. Credo che anche questo abbia contribuito alla sua decisione di accettare l’invito in Italia (mi ha confermato di non essere mai stato in questa zona prima). Nel momento in cui, dopo diversi scambi di mail, ho capito che il suo era un sì, ho lasciato che l’invito ufficiale e la comunicazione passasse agli addetti ai lavori.
Di seguito, un estratto da Un piccolo falò nella caverna, il testo della lectio magistralis di Murakami Haruki tradotto da Antonietta Pastore:
[…] a me le storie piace raccontarle così. Cioè crearle liberamente, senza avere in testa un progetto. Procedo incalzato dalla curiosità di sapere come andrà a finire. E sono convinto che anche i lettori andranno avanti, una pagina dopo l’altra, per trovare risposta alla stessa domanda: “E poi cosa succede?” Se l’autore, fin dall’inizio, stabilisse la trama e il finale, scrivere un romanzo non sarebbe affatto divertente. Per lo meno per me funziona così. Non sentirmi legato da una qualsivoglia scaletta, dalla logica o dall’abitudine, non essere limitato dalla necessità di preservare l’armonia del progetto, per me è fondamentale.
Perché ho questo bisogno di libertà?
Il fatto è che più si è liberi, più agevolmente si riesce ad accedere al territorio del proprio inconscio, e in questo consiste il pregio di scrivere un romanzo senza alcun vincolo, senza concepire una trama fin dall’inizio. Perché penso che il fine ultimo del lavoro di uno scrittore, o in termini più generici di un artista, sia scendere nel profondo di sé. Cioè calarti nel labirinto del tuo inconscio, nel luogo più recondito e buio. Così facendo, riuscirai ad approdare finalmente alla tua vera storia. Non a una narrazione costruita nella tua testa secondo le leggi della logica, ma a quella che hai intuito e percepito col cuore. E se riuscirai a raccontarla nel modo giusto, potrai comunicare con lo spirito di altre persone a un livello molto profondo. Nel romanzo è insito questo meraviglioso effetto benefico. Noi non siamo esseri totalmente soli: ecco cosa mette in luce una buona storia, questo caldo, tranquillo, e anche naturale sentimento di solidarietà che ci lega a livello inconscio.
(Il testo integrale è disponibile online su: http://www.fondazionebottarilattes.it/lectio-magistralis-di-haruki-murakami-un-piccolo-falo-nella-caverna/).