Sono Sion, uno dei registi più prolifici e amati dello scenario contemporaneo giapponese, puntando a una personalissima disamina sociale, ha fatto sì che l’occhio dello spettatore si abituasse al degrado, alla violenza fisica e psicologica, alla prevaricazione, al disfacimento dell’animo umano tramite il risveglio degli istinti più belluini, in un colorato e vivace crogiuolo di sangue, sesso, humour fino agli eccessi tipici dello stile eroguro エログロ (erotico/grottesco).
Lo “strano circo” che dipinge nelle sue opere è puro intrattenimento granguignolesco, universo caotico in cui personaggi in preda a lacerazioni identitarie fluttuano tra realtà e finzione, fuggono da quadretti familiari, scolastici, lavorativi cristallizzati e ovattati per capire fin dove possono spingersi per esprimere sé stessi, nell’evasione da schemi imposti.
Per citarne alcune, solo nel 2014/2015 sono molteplici le opere presentate in sala: gang rivali, rappresentanti i diversi quartieri di Tokyo, intraprendono una guerra efferata con tinte trash nel cruento musical rap Tokyo Tribe; “donne in cerca di felicità e uomini che inseguono il proprio sogno” lottano per la sopravvivenza nel paradiso dei piaceri di Kabukichō in Shinjuku Swan 新宿スワン; liceali si scontrano con superpoteri di telecinesi, telepatia e teletrasporto adibiti a fini erotici in un mondo da salvare, nel grottesco The Virgin Psychics みんな!エスパーだよ!.
Insomma, che risieda nell’interiorità o al di fuori di sé, la realtà ritratta dal regista è perennemente in conflitto. Eppure, il film che il cineasta stesso definisce “interamente Sono Sion”, al 100%, è un’opera in cui non vediamo scorrere una sola goccia di sangue e in cui non muore nessuno, un inno quasi urlato la cui ambizione si condensa nel titolo: Love & Peace. Distribuito nelle sale giapponesi a giugno 2015, Love & Peace è un fantasy ascrivibile al genere dei tokusatsu eiga 特撮映画, ovvero film a effetti speciali, ed è tratto da una sceneggiatura che lo stesso regista aveva scritto esattamente 25 anni prima e che ha riportato alla luce con piccole modifiche.
Il protagonista Ryoichi è un impiegato mediocre che ha rinunciato al segreto sogno di diventare un musicista rock. Incastrato nella feroce monotonia della routine, si trascina in una Tokyo che lo fissa con sdegno per la sua palese non idoneità all’ambiente circostante. Non riuscendo neanche a rivolgere la parola alla collega di cui è innamorato, Ryoichi sembra cedere alla disperazione, finché non si imbatte in qualcosa che gli cambierà la vita: una tartaruga. Finalmente, il ragazzo ha qualcuno con cui parlare, su cui riversare il proprio amore e con cui condividere le giornate, e decide di chiamare “Pikadon” l’esserino da cui non si separa neanche sul posto di lavoro. Presto additato e deriso da tutti, è costretto a liberarsi della tartaruga, gettandola in un canale di scarico. Pikadon finisce in un luogo remoto nei sotterranei di Tokyo in cui un anziano signore misterioso alleva animali e giocattoli abbandonati.
Ryoichi sente subito la mancanza di Pikadon e dedica una canzone all’animale, assicurando nel testo di non averlo dimenticato. Da questa canzone inizia il percorso che lo renderà famoso e coronerà il suo sogno di diventare una rock star. Il “violento, doloroso ed enorme amore” (slogan pubblicitario del film) che scorre alla base di questa storia porterà lo spettatore ad assistere a un complesso vortice allucinatorio di eventi, culminante nell’apparizione della tartaruga divenuta gigante e invincibile a sovrastare e distruggere Tokyo per raggiungere il suo padrone. Nonostante non abbia abbandonato alcune delle derive inquietanti tipiche del suo cinema, il regista dichiara di aver raccontato una favola diretta ai bambini e il “mostro”, la cui apparizione fa pensare al kaijū eiga 怪獣映画 della tradizione à la Godzilla, è una bestia dai lineamenti “kawaii” (non a caso, la voce di Pikadon* è di Ikue Otani, doppiatrice di Pikachu), che simboleggia sentimenti e sogni gettati che riemergono sfuggendo al controllo.
Il film, ambientato nel 2020 in un Giappone in fermento per le Olimpiadi (uno dei pochi elementi modificati della sceneggiatura iniziale), sotto forma di favola dark, sembra porsi come appello atto a risvegliare le coscienze e gli animi dei giapponesi. Etichette, buon senso, schemi rigidi appaiono come ostacolo al manifestarsi della sfera sensoriale/emotiva che Love & Peace vorrebbe scuotere con il suo fortissimo impatto visivo.
*(Chiaro riferimento alla bomba atomica, che fu chiamata Pikadon, “lampo e tuono”: appello a non dimenticare, come appare sottilmente nel testo della canzone presente nel film.)