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Le cicatrici (in)visibili del Giappone – ‘Godzilla Minus One’ (2023) di Yamazaki Takashi

8 Gennaio 2024
Andrea Balena

 

 

Il Re dei Mostri del cinema giapponese spegne la sua sessantanovesima candelina con un nuovo film live action di matrice nipponica diretto da Yamazaki Takashi, che ne celebra le origini e al contempo realizza una delle versioni più imponenti e drammatiche della lunga storia cinematografica del lucertolone radioattivo.

Nel corso della sua lunga vita da icona pop, Godzilla (o Gojira, se siete puristi) è stato tante cose: una calamità naturale, un protettore della Terra, un ambasciatore ufficiale del turismo giapponese e una delle proprietà intellettuali più richieste e contese con gli Stati Uniti d’America. Quello che viene spesso dimenticato, però, è la sua origine come metafora della condizione catastrofica in cui versava il paese del Sol Levante dopo la Seconda guerra mondiale e l’uso sconsiderato dell’energia atomica.

Nel 1954, anno di uscita della prima pellicola che lo vede protagonista, la censura statunitense sui media giapponesi era appena stata ritirata (ma era ancora molto influente), così il regista Honda Ishirō, sul soggetto di Kayama Shigeru, mascherò la sua critica feroce verso le forze di occupazione dietro la storia di un mostro in gomma imbottita che devasta la capitale Tokyo. Due ere giapponesi dopo, il regista di blockbuster Yamazaki Takashi crea forse la versione definitiva del Godzilla “classico” – con tecniche e una sensibilità moderna – in Godzilla Minus One, uscito in patria il 3 novembre 2023, lo stesso giorno della pellicola originale di Honda.

Il sottotitolo di questa nuova versione del mostro si riferisce a un ricollocamento storico: a differenza del prototipo degli anni ’50, questa volta Godzilla emerge dall’oceano proprio a ridosso della Guerra del Pacifico, con il paese ancora nel pieno della ricostruzione post-bellica. Il protagonista della vicenda è il giovane Shikishima Kōichi che per codardia si rifiuta di adempiere al proprio dovere di pilota kamikaze nelle battute finali del conflitto per poi soffrire di una pesante sindrome del sopravvissuto per essere stato l’unico superstite a un primo attacco di Godzilla. Gran parte del film è incentrata sulla ricostruzione della sua vita come dragamine e della famiglia putativa che si crea con l’orfana Noriko e la neonata Akiko. Tutto finché il lucertolone, ora divenuto radioattivo a causa dei test americani sulla Bomba H nell’Oceano Pacifico, comincia a seminare distruzione lungo le coste del Kantō fra gli sforzi del popolo giapponese per fermarlo.

Il pregio principale della pellicola, per quanto possa suonare scontato, è proprio il dramma umano alla base della storia. Per lungo tempo, specialmente dopo che il franchise di Godzilla si è arenato sui sempre più assurdi combattimenti fra kaijū, la parte umana delle vicende è diventata di secondaria importanza o di solo servizio per la trama, se non addirittura ridicolizzata in certi periodi storici. In Minus One la tendenza viene ribaltata, regalandoci forse una delle storie più drammatiche e suggestive di questo sottogenere cinematografico. La prima parte del film si concentra in particolar modo sul racconto a livello visivo della situazione del Giappone all’indomani della devastazione, con la capitale ridotta in macerie dai bombardamenti e gli abitanti sfollati.

Kōichi, interpretato ottimamente dal giovane Kamiki Ryūnosuke, è un personaggio sul quale vengono riversate tutte le cicatrici di un intero periodo storico, a partire dal sopracitato senso di colpa per essere fuggito dai propri doveri che si manifesta in incubi ricorrenti e dissociazioni mentali. L’attore eccelle soprattutto nelle scene dove la recitazione si fa più pacata e impercettibile, quando maschera il disagio nei momenti di vita quotidiana e nel ruolo di compagno e padre. Con il ritorno di Godzilla diventa una maschera di terrore ma anche di disillusione: schiacciato dal suo trauma, diventa per lui inizialmente impossibile anche solo pensare di affrontare una creatura a prima vista impossibile da uccidere.

Dalla vicenda familiare la storia si sposta poi per raccontare anche quella del popolo giapponese in toto: come da topos del genere e della narrativa popolare giapponese, la soluzione al problema kaijū viene trovata quando gli individui uniscono le forze e si ingegnano per l’obiettivo comune. Minus One riesce a imbastire un momento narrativo altrettanto efficace, partendo sempre dal periodo storico: come convincere un gruppo di persone normali, appena scampate a una guerra, a tornare a combattere e rischiare la propria vita? La sceneggiatura mostra una società disillusa e che non vuole più sacrificarsi per un ideale glorioso dopo anni di propaganda che li ha condotti al massacro. Saranno proprio l’ammissione dei propri errori passati e la volontà di difendere il proprio futuro a riaccendere la fiamma di queste persone, compresa quella di Koichi. La pellicola in questo senso è fra le più “ottimiste” realizzate su Godzilla, mostrando un’umanità più presente e incrollabile che mai.

Ma, alla fine, come si comporta il sauropode protagonista del film? Probabilmente con una delle sue apparizioni più imponenti di sempre, nonostante pecchi di iconicità, vista la sua natura un po’ citazionista e derivativa rispetto al film originale di Honda. A differenza della sua versione horror e grottesca Shin creata da Anno Hideaki, il Godzilla di Yamazaki è super classico nel design e nell’apparenza, ma a renderlo unico è la cura nella tecnica: interamente realizzato in CGI e non più in tecnica mista, ogni suo passo, gesto, morso e raggio atomico (quest’ultimo probabilmente il più devastante mai realizzato!) ha un peso e impatto unico grazie anche a una effettistica sonora curatissima. Tutto grazie alla costante supervisione dello stesso regista, forse l’autore cinematografico dal pedigree migliore per questa pellicola.

Yamazaki Takashi, infatti, prima ancora di dirigere alcuni dei film giapponesi più conosciuti degli ultimi vent’anni, ha avuto una formazione da tecnico degli effetti speciali ed è stato un pioniere delle tecniche di computer grafica giapponese, capace di balzare dal cinema live action (Space Battleship Yamato) a quello d’animazione con grazia (Lupin III The First e Dragon Quest: Your Story). In questo Minus One, a fronte di un budget di produzione veramente basso, Yamazaki ha ottenuto un risultato visivo incredibile, grazie a un uso sapiente e talvolta invisibile degli effetti speciali, come spiegato da lui stesso in alcuni video e interviste promozionali.

Paragonato a Shin Godzilla, l‘altro film live action giapponese dell’epoca Reiwa che si rifaceva alla regia da anime serrata di Anno, in Minus One la sua mano registica è ben più cinematografica e d’impatto, tanto da richiamare il cinema anni ’80 di stampo spielberghiano e riprodurre il suo sense of wonder mischiandolo ai toni più opprimenti e cupi del cinema kaijū, con una colonna sonora orchestrata d’eccezione dal veterano Satō Naoki, già compositore della trilogia Heisei del kaijū Gamera.

Per la prima volta nella storia del mostro della Tōhō, Minus One ha persino ricevuto una distribuzione internazionale quasi in contemporanea – in Italia è stato distribuito dal 1 al 13 dicembre grazie a Nexo Digital in poche sale selezionate – divenendo la pellicola giapponese sul personaggio più di successo a livello di incassi globali, tanto da conquistare il box office americano e conquistare premi internazionali. Attualmente, al momento della scrittura di questo articolo, si trova nella shortlist dei premi Oscar nella categoria Migliori Effetti Speciali, assieme a pellicole dal budget infinitamente più gargantuesco. Nonostante i suoi quasi settant’anni, il mostro più amato e temuto del cinema torna sempre alla ribalta, più cattivo e radioattivo che mai.

 

     

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