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Il paese dei suicidi

5 Aprile 2020
Alessandro Bulgarelli

Il paese dei suicidi (Jisatu no kuni) è un romanzo di Yū Miri scritto nel 2012 ed edito in Italia da Atmosfere libri all’interno della collana Asiasphere, con traduzione a cura di Laura Solimando. L’autrice, di origini coreane, è una delle scrittrici contemporanee più influenti in Giappone, e tratta frequentemente tematiche spinose come il suicidio e il bullismo. Di Yū Miri in italiano sono stati pubblicati anche Oro rapace (2001) e Scene di famiglia (2001).

146. 15/06 23:12:36 Anonimo: Voi volete morire?

147. 15/06 23:51:10 Anonimo: No.

148. 16/06 00:09:55 Anonimo: Chi non vuole morire non può capire cosa provano le persone che vogliono farlo.

149. 16/06 02:25:09 Yodogawa Shinjū: se vuoi morire fallo da solo!

150. 16/06 03:30:44 Anonimo: So che non dovrei scrivere post del genere… ma sto male!

Il romanzo si apre con i messaggi di una discussione postata all’interno di un forum per aspiranti suicidi: c’è chi chiede consigli, chi cerca un compagno e chi prova a far cambiare idea agli utenti che postano le risposte.

Mone è una ragazza di Shinagawa (Tōkyō), frequenta il primo anno delle superiori e fa parte di un gruppo di amiche con le quali trascorre il suo tempo libero. Sembrerebbe un’esistenza normale, eppure, consulta questo forum chiamato “ricette per il suicidio”, e decide di aggregarsi ad altri tre utenti per un’ultima avventura.

Ciò che porta Mone a prendere questa decisione è un forte senso di smarrimento. Non particolarmente portata per lo studio e senza apparenti doti, si sente già proiettata verso il matrimonio, concepito come un’alternativa alla carriera universitaria che garantisce un ingresso sicuro nel mondo del lavoro. È una critica al sistema scolastico giapponese, che sottopone gli studenti a forti stress e a estenuanti sessioni di studio al fine di superare gli esami di accesso alle scuole medie, al liceo e all’università. Attraverso i suoi ragionamenti e il suo sentire si percepisce la rigidità di un sistema che proietta gli individui verso modelli predefiniti di esistenza: frequentare un’università prestigiosa, trovare un buon impiego, sposarsi, avere dei figli, garantire loro un’eccellente istruzione e soddisfare i loro desideri. Gli individui sono spinti a competere per salire su questo treno. Chi non riesce ad accaparrarsi il biglietto è destinato a un futuro mediocre.

Mone cresce in un ambiente poco stimolante, neppure la famiglia le garantisce un supporto. La madre nutre forti aspettative riguardo al figlio minore Satoshi, per il quale investe nel doposcuola ed è generosa di attenzioni, mentre il padre è una figura assente che prova senza successo a stabilire un legame con la figlia. Anche con i suoi coetanei Mone non riesce a stabilire un contatto, il suo gruppo di riferimento è più interessato a trascorrere il tempo spendendo soldi in bevande, dolci, vestiti che a creare un vero e sincero legame di amicizia. Manca la condivisione di sentimenti, problemi e preoccupazioni.

Il suicidio, in un’ottica distorta, diventa la via di fuga da un futuro monotono e privo di gioie. Sono domande che si siamo posti tutti nella vita, a prescindere dal paese di appartenenza. In una società che sempre più spesso vede la felicità coincidere con i beni di consumo, soprattutto per quanto riguarda i giovani. All’interno del romanzo vengono citati oggetti di popolari brand quali un astuccio di Winnie The Pooh, un pupazzo della Disney, una jumpsuite di Peach John: sono beni di consumo popolari tra gli adolescenti, ma non aggiungono nulla alla persona.

Narrato con uno stile delicato e profondo, la bellezza di questo romanzo sta nel vedere come Mone analizzerà e affronterà le problematiche che si troverà a fronteggiare.

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