NipPop

I turbamenti del giovane Haruo

26 Gennaio 2019
Luca B. Fornaroli

Nipponia nippon è il nome scientifico dell’ibis crestato, il raro e fragile uccello divenuto simbolo del Giappone, l’uccello color fiordipesco a ragione di tenui fiamme rosee che adornano le sue bianche ali. La prima testimonianza della presenza di questo ibis – toki – sulle isole giapponesi e del suo rilievo storico e culturale è riportata nel Nihon Shoki del 720 d.C.

I Nipponia nippon sono anche l’ossessione dell’adolescente Haruo, una sorta di hikikomori deciso a dare un obiettivo alla sua vita di emarginato, disoccupato, senza ragazze, senza scopo e imprigionata tra le anguste pareti della stanza del suo appartamento di Tokyo, al cui affitto provvedono i genitori lontani. Il display del computer è l’unica sua “reale” finestra sul mondo, il solo canale di comunicazione.
A differenza degli hikikomori qualsiasi, Haruo ha un progetto radicale, un’impresa che creerà scalpore, che farà vedere a tutti di che pasta è fatto, un riscatto definitivo dalle frustrazioni e dall’emarginazione che pensa di aver subito. Si è preparato, ha studiato un piano, ha acquistato online gli strumenti necessari, non ha lasciato nulla al caso. Deve solo decidere l’esito finale: far scappare, rapire o uccidere gli unici due esemplari nati in cattività di Nipponia nippon senza i quali la specie sarebbe estinta.

Haruo non sopporta la retorica nazionalista che avvolge le cronache riguardanti gli sforzi per proteggere la coppia di uccelli ritenuti simbolo vivente della purezza nipponica, incarnazione pennuta del Volksgeist. La sua intolleranza nasce da una stessa matrice ideologica: quella coppia non è affatto pura, è imbastardita con esemplari cinesi – dono della Repubblica Popolare all’imperatore – utilizzati per la riproduzione e la cui stessa specie forse non è identica. È una gigantesca finzione collettiva, un’ipocrisia condivisa, non c’è più alcun ibis crestato che possa autenticamente rappresentare lo spirito del Giappone. E Haruo vuole porre fine a tutta questa messinscena politica con un gesto forte, definitivo. Ha deciso, non li lascerà scappare e neppure li rapirà: li sgozzerà. Impedirà il protrarsi di questo gigantesco equivoco nazionale, di quest’imbroglio che politicanti da strapazzo hanno ordito per anni incantando un pubblico narcotizzato dai giornali. Tuttavia gli inconvenienti non mancheranno, la sua goffaggine farà prendere al piano una piega imprevista che non svelo ai lettori.

L’autore, Abe Kazushige (1968), ha scritto questo romanzo di circa 150 pagine nel 2001, ma è stato pubblicato in Italia dalle Edizioni e/o solo l’anno scorso nell’efficace e snella traduzione di Gianluca Coci. In tutta franchezza, sembra un libro per adolescenti, tanto è esile la trama e poco più che elementare la caratterizzazione del protagonista, le cui fissazioni sono descritte in modo stereotipato e semplicistico. Più interessante è la cornice entro la quale si svolge la narrazione: tutto quanto è scritto a proposito degli ibis, del rapporto controverso tra Cina e Giappone nel cui ambito la donazione degli uccelli va interpretata, degli articoli del Mainichi shinbun sulla questione politica circa l’effettiva nazionalità degli ibis, del dibattito sui media all’epoca dei fatti riguardanti le proposte di applicare loro lo ius soli o lo ius sanguinis – nel primo caso i Nipponia nippon sarebbero giapponesi, ma nel secondo cinesi, corrisponde al vero. Può dirsi giapponese un uccello nato in cattività frutto dell’accoppiamento con specie cinesi? Una ricerca spasmodica di autenticità delle radici che sembra essersi diffusa anche dalle nostre parti. Un bisogno di definire, isolare e proteggere una supposta identità originaria, l’affermazione baldanzosa di confini geografici, culturali e mentali. Una gabbia ideologica non tanto diversa da quella dello zoo dove sono tenuti i Nipponia nippon.
Di fantasia è la storia di Haruo e dei suoi propositi criminali e salvifici per se stesso e la società, in una sua dialettica esistenziale tra la spada e il divano.
Nel frattempo, gli ibis crestati, pur essendo ancora protetti, si sono moltiplicati e adesso contano un migliaio di esemplari. A chi volesse approfondire l’argomento nazional-ornitologico, suggerisco quanto ha scritto nel 2017 in The Return of the Crested Ibis il prof. Ishi Hiroyuki su nippon.com.

Abe Kazushige, Nipponia Nippon, traduzione di Gianluca Coci, Edizioni E/O, Roma, 2018

Iscriviti alla nostra Newsletter!

Oltre a rimanere aggiornato sui nostri eventi e le nostre attività, riceverai anche l'accesso a contenuti esclusivi!

Marketing a cura di

Prossimi eventi

Articoli recenti

NipPop x FEFF27: “Dollhouse”

Come si fa a fare un film horror dopo una carriera trentennale di sole commedie? Questa è la domanda che critica e pubblico si sono posti quando Yaguchi Shinobu, noto regista giapponese, ha sorpreso tutti al Far East Film Festival di Udine quest’anno portando alla kermesse Dollhouse in anteprima mondiale. In questa storia di bambole possedute le risate sono sostituite da (forse troppi) jumpscare, ma comunque propone idee e suggestioni interessanti.

Leggi tutto

NipPop x FEFF27: “The Great Yōkai War” (2005) e “The Great Yōkai War: Guardians” (2021)

La cinematografia giapponese ha sin dagli albori un rapporto vivo e multisfaccettato con la tradizione folklorica, intesa non solo come raccolta di narrazioni arcaiche, ma come corpo simbolico capace di essere modulato e reinterpretato alla luce delle tensioni sociali e culturali contemporanee. In questa prospettiva si collocano The Great Yōkai War (2005) e The Great Yōkai War: Guardians (2021), due opere realizzate da Miike Takashi, regista caleidoscopico la cui produzione è impossibile da collocare in un singolo genere.

Leggi tutto

NipPop X FEFF27 – “Rewrite”

Rewrite, presentato alla 27esima edizione del Far East Film Festival in prima mondiale, segna il ritorno di Matsui Daigo a Udine tredici anni dopo il suo debutto con Afro Tanaka e lo fa con il suo primo – riuscitissimo – tentativo di incursione nella fantascienza. In Giappone il film è atteso nelle sale a luglio 2025.  Matsui Daigo e Ueda Makoto, sceneggiatore di film come Summer Time Machine Blues (2005) o Beyond The Infinite Two Minutes (2020), si cimentano in un’impresa non semplice, ovvero quella di riscrivere e riproporre un tema che si trova già saturo nei drammi romantici giapponesi: i viaggi nel tempo. E ci riescono, creando un prodotto che si dimostra equilibrato, ironico e profondo.

Leggi tutto