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Il marito di mio fratello: il manga che sfida i pregiudizi sul mondo LGBT

7 Marzo 2018
Matteo Papagna

Con Il marito di mio fratello Tagame Gengorō ci accompagna in un viaggio nella cultura LGBT in compagnia di una famiglia molto particolare.

Per chi non lo conoscesse, Tagame Gengorō  (田亀源五郎), classe 1964, è un artista di fama internazionale e uno dei più acclamati mangaka della cultura LGBT. Principale esponente del genere di manga omoerotico bara (薔薇, letteralmente ‘rosa’), è stato anche uno dei nostri ospiti più illustri al festival NipPop nel 2014.
Ne Il marito di mio fratello (Otōto no otto 弟の夫), 2014-17, in Italia edito da Planet Manga, da lui stesso definito ‘il manga che ho sempre voluto disegnare’, lo troviamo in una nuova versione: abbandonato l’aspetto erotico, non rinuncia però ad affrontare tematiche complesse con sorprendente profondità e delicatezza. La sua ultima opera è un piccolo gioiello in cui ci sfida a superare i limiti della nostra presunta normalità, per scoprire che il diverso può essere un amico, un fratello, un figlio.
 

Qui l’autore in un autoritratto.

 

L’incontro col diverso

Un funerale: questo è l’incipit della storia, ed è la dimensione del lutto ad accomunare i personaggi. Da una parte abbiamo una famiglia giapponese: Yaichi, padre single, e sua figlia Kana, studentessa delle elementari. Dall’altra Mike Flanagan, un omaccione canadese, omosessuale, muscoloso e barbuto, quello che nel gergo della comunità gay si definirebbe un bear. Due mondi diversi, apparentemente distanti, se non fosse per il fatto che Mike è da poco rimasto vedovo di Ryoji, ed è per adempiere a una promessa fatta a suo marito che si reca in Giappone a conoscere la sua famiglia d’origine, cioè il cognato Yaichi e la nipote Kana.

La circostanza del lutto ci introduce subito alla duplice natura dell’incontro-scontro tra i protagonisti quando Mike, in cerca di un abbraccio consolatorio, suscita la reazione imbarazzata di Yaichi, diviso tra l’obbligo dell’ospitalità e l’istinto di respingerlo violentemente. Quell’abbraccio è il simbolo di ciò che li divide: la cultura diversa (in Giappone non è d’uso abbracciarsi neppure tra amici stretti o parenti), e la sessualità di Mike, ingombrante anche nella sua fisicità massiccia e imponente, subito riconoscibile dall’iconica maglia col simbolo d’eccellenza della cultura LGBT, il triangolo del Gay Pride.

 

 

Nel character design del canadese emerge lo stile più vicino ai tradizionali lavori erotici di Tagame nel genere bara, quello dei muscoli scolpiti e dei petti villosi, ovvero ciò che l’ha reso famoso per aver scardinato lo stereotipo dell’omosessuale effeminato del manga BL o yaoi , il bishōnen. Ma Mike è soprattutto un personaggio dolce ed emotivo, sincero con sé stesso e con gli altri. La sua è una sessualità vissuta con libertà e consapevolezza, senza vergogna, e, sia nel disegno che nei dialoghi, Tagame lo rende portavoce del mondo LGBT: non a caso è anche il personaggio che rompe la quarta parete, introducendosi tra un capitolo e l’altro con una rubrica di lezioni di cultura gay.
 

Diventare uchi

In Giappone esiste un concetto sociolinguistico formato dalla dicotomia tra uchi e soto : con uchi (che si scrive con l’ideogramma 内, ‘interno, dentro’) si intende il gruppo di cui la persona fa parte, mentre con soto (外, ‘fuori’) si indicano tutte le persone all’esterno di quel gruppo. La definizione di questi gruppi cambia a seconda delle circostanze: la famiglia è il gruppo più comunemente associato a uchi, ma anche i colleghi di lavoro possono esserlo; e si può arrivare a considerare come uchi anche un’intera nazione (non è un caso che un’espressione molto forte per dire straniero sia gaijin 外人, scritto con i caratteri di soto 外 e hito 人, cioè uomo del soto, uomo fuori dal nostro uchi.)

Per Yaichi, Mike è sia uchi in quanto cognato, sia soto in quanto straniero e sconosciuto. Se lui è combattuto tra l’empatia che inevitabilmente prova per il cognato e la voglia di liberarsi al più presto della sua presenza imbarazzante, di diverso avviso è la figlia, capace di affrontare la novità con l’innocenza di cui solo i bambini dispongono. Ciò che per lei è strano non è il fatto che due uomini si sposino, ma che in alcuni paesi sia possibile e in altri (come il Giappone) no. Una volta appurato che il gigante canadese è suo zio, è per lei del tutto naturale che lo si debba ospitare.

Ed è così che Mike entra pian piano a far parte della famiglia, portando con sé un bagaglio di tenerezza ma anche di tristezza e ricordi: vuole visitare i luoghi dell’infanzia di suo marito e imparare a conoscere i suoi parenti. La narrazione si sposta nella quotidianità, magistralmente rappresentata nei gesti più comuni – i pasti (con scambio culturale culinario), il bagno alla giapponese, la routine scolastica – e nell’ambiente della casa giapponese, descritto con dovizia di particolari. Solo attraverso questi momenti apparentemente banali si può costruire l’appartenenza, uno spazio in cui poter essere sé stessi in libertà, dove si decostruisce il pregiudizio e si arriva a conoscersi veramente.
 

Lo sguardo del padre e quello della figlia

Ma non è un processo semplice: Yaichi, pur ben disposto ad accogliere Mike, per farlo scoprirà presto di dover fare i conti con sé stesso e il proprio passato. Una domanda che lo tormenta riguarda la ragione del suo allontanamento dal fratello dopo il coming out di quest’ultimo. Tagame ha la capacità sorprendente di mettere a nudo l’interiorità del personaggio, tutto il suo sforzo per combattere i preconcetti e la diffidenza, e lo fa attraverso espedienti narrativi – lo troviamo spesso intento a dialogare con un sé stesso immaginario – ma anche, soprattutto, attraverso i silenzi.

 

Sono forse le sequenze più belle dell’opera, quelle in cui lo vediamo assorto e in disparte. Yaichi è il personaggio che ha più da imparare perché è quello che più ha da mettere in gioco, visto il suo ruolo di genitore. Infatti, se c’è un'altra questione su cui l’arrivo di Mike lo spinge a riflettere, è come comportarsi come padre per preparare al meglio sua figlia a capire e accettare il diverso, che un giorno potrebbe essere lei stessa.

Spesso è proprio Kana a rispondere alle sue mille domande con semplicità sconcertante, e a porne a sua volta di tanto ingenue quanto profonde. Le basta poco per accettare il fatto che due persone dello stesso sesso possano sposarsi quando si amano; molto più complicato rispondere al quesito ‘cos’è l’amore’. Nel confronto tra padre e figlia, non si impara mai in modo univoco, ma ognuno ha da insegnare all’altro.

Il confronto con il soto

È inevitabile, una volta che Mike è entrato a far parte della famiglia, il confronto tra il nuovo uchi e il soto, che può essere rappresentato dal vicinato, dagli amici, dall’istituzione scolastica. Non tutti, infatti, sono disposti ad accettare la sua presenza. Il nostro trio si troverà a dover affrontare lo sguardo inquisitorio o curioso degli altri: nel corso dei due volumi di cui è composta l’opera, ci saranno momenti di confronto a volte aspro, altre volte produttivo.

 

È impossibile fare finta che non esista chi non è disposto ad accettare l’omosessualità di Mike. Come viene ripetuto più volte nel manga, in Giappone non si sente molto parlare di discriminazione verso gli omosessuali: è un paese tendenzialmente liberale, in cui l’omosessualità era ampiamente tollerata fino al XVIII secolo, e in cui c’è un retaggio culturale (proveniente dal teatro tradizionale) di fascinazione per il travestitismo ed il gender-bending. Ma il Giappone è anche uno dei paesi più maschilisti del mondo, in cui la discriminazione verso i gay esiste sebbene non conclamata, e così quella nei confronti dei nuclei familiari non tradizionali, proprio come è il caso di Yaichi, padre single.
 

Una storia commovente e istruttiva

Proprio affrontando le difficoltà – suscitate sia dalle incomprensioni interne che dal giudizio esterno – si ha l’opportunità di crescere come famiglia. Così, alla fine delle tre settimane di soggiorno di Mike in Giappone, troveremo i nostri tre protagonisti molto più uniti: anche se le circostanze li divideranno geograficamente, sono certi che conserveranno per sempre il ricordo di quei giorni felici, con la consapevolezza e il coraggio per essere sempre sé stessi.

 

Il marito di mio fratello è un’opera delicata, che riesce a commuovere; leggendola è impossibile non identificarsi con i personaggi che Tagame costruisce in modo sapiente, conducendoci per mano in un viaggio alla scoperta della diversità. Forse anche noi, insieme a Mike, Yaichi e Kana, abbiamo la possibilità di crescere.

 

-Vi ricordiamo inoltre che Il marito di mio fratello avrà un adattamento televisivo https://www.nippop.it/it/news/blog/news/il-marito-di-mio-fratello-avra-un-adattamento-live-action

-Per approfondimenti su famiglia, sessualità, e confronto tra bara e yaoi: Japanese Heels

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