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Dalle stelle alle storie: dōjinshi ‘d’autore’

20 Ottobre 2015
NipPop Staff

Come già osservato in alcuni interventi precedenti, il mondo del dōjin, lungi dall'essere appannaggio esclusivo di opere erotiche a basso costo e sfoghi velleitari di autori altrimenti non pubblicabili, ha in realtà un rapporto piuttosto complesso con il mondo del manga 'commerciale': spesso antitetico, ma a volte curiosamente speculare e parallelo.

Anche nel regno del dōjinshi, l'amatoriale e il professionale si incrociano più spesso di quanto ci aspetteremmo, spesso con risultati sorprendenti. In questo breve intervento segnalerò alcuni dei casi più particolari e, perché no, meno conosciuti di artisti dōjin che hanno iniziato, continuano in parallelo, o hanno stretti legami con il mondo dell' autoproduzione amatoriale.

Alcuni esempi sono arcinoti: chiunque abbia una conoscenza anche cursoria della storia del manga sa che le CLAMP (autrici di infiniti best-sellers come Chobits ed X) hanno iniziato la propria carriera come un corposo circolo dōjin, con nientemeno di undici membri (!); o che autori ora osannati come Monkey Punch (Lupin III), Rumiko Takahashi (Ranma ½), Rikdo Koshi (Excel Saga) o Kiyohiko Azuma (Yotsuba&!) si sono fatti la mano nel mondo dell'amatoriale – spesso con risultati che mai avrebbero lasciato intuire le glorie future.

Anche autori più 'giovani', tuttavia, hanno usato il dōjin per farsi le ossa. Kaoru Mori (Emma, Otoyomegatari) ha perfezionato l'arte del ritrarre maid vittoriane in una serie di dōjinshi pubblicati sotto lo pseudonimo Agata Fumio;  

Yun Kōga, autrice del famoso manga BL Loveless, ha cominciato pubblicando dōjinshi ben lontani dai temi che l'hanno poi resa famosa.

Addirittura Kozue Amano (Aria, Amanchu!), la cui sensibilità sembrerebbe lontanissima dal mondo della gag, si è fatto le ossa disegnando parodie di Evangelion.

Nonostante sia comune staccarsi, anzi spesso distanziarsi dal mondo dōjin una volta fatto il salto verso il 'mainstream', alcuni autori e autrici continuano a usare l'arena amatoriale come avenue per storie e idee spesso distanti dai lavori per cui li conosciamo. Kumichi Yoshizuki (Someday's Dreamers) ha pubblicato, ad esempio, un dōjinshi in collaborazione con Toyoda Minoru (Love Roma) intitolato Kōkan Nikki, in cui le ben diverse sensibilità delle due autrici (dramma per la prima, commedia per la seconda) si incontrano;

Ken Akamatsu, famoso per le commedie ecchi Love Hina e Negima, pubblica regolarmente dōjinshi piuttosto particolari – come la sua serie di crossover tra Sailor Moon e Street Fighter;

Sahara Mizu, nota in Italia per la fiera dei buoni sentimenti My Girl, ha una carriera parallela come autrice BL.

In altri, più rari casi, sono stati proprio i lavori pubblicati come dōjin a dare la fama ai rispettivi autori. Yohsitoshi Abe usò una manciata dei suoi dōjinshi come base per la serie animata Haibane Renmei;

Takano Masayuki trovò il successo quando la sua serie Blood Alone, pubblicata come dōjin, fu acquistata da Dengeki Comics – fino al 2014, anno in cui venne interrotta per poi riprendere nuovamente come produzione amatoriale.

Il dōjin è, quindi, ben lontano dall'essere un mondo a scatola chiusa: alcuni ne emergono per assurgere al mondo dorato del professionale; altri, come nell'ultimo caso presentato, vi ridiscendono altrettanto velocemente.

 

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